Il 1957 e l’inizio dell’era spaziale

D-orbit è una startup italiana nata nel 2011. Quello che realizza potrebbe essere determinante per il futuro dell’economia e della ricerca. Ma per spiegarlo occorre fare un balzo indietro nel tempo. È il 1957, anno di lancio dello Sputnik. In questo momento ha inizio una nuova era, l’era spaziale. In questo periodo i film di fantascienza cominciano a ipotizzare ciò che fino a pochi anni prima era inimmaginabile. Viaggi interstellari, basi umane su altri pianeti, esplorazioni extraterrestri. Dal 1957 a oggi la ricerca tecnologica è avanzata a passi da gigante. In 60 anni infatti, più di 6000 satelliti sono entrati nell’orbita terrestre. Si calcola che di questi, solo 1000 siano ancora in funzione. I rimanenti satelliti sono diventati spazzatura spaziale.

D-orbit, gli spazzini del cosmo

La spazzatura spaziale che orbita attorno al nostro pianeta è in costante aumento e potenzialmente molto pericolosa. Il pericolo più grande è quello di collisioni con satelliti funzionanti. I detriti tecnologici in orbita viaggiano a grandissima velocità, come dei proiettili. Lo scontro con dei satelliti potrebbe quindi causare grossi problemi alle comunicazioni o alla ricerca. Bisogna quindi liberare un po’di spazio nell’orbita terrestre per renderla più sicura. È appunto di questo che si occupa il Decommissioning Device di D-orbit.

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Il propulsore D-orbit

Come funziona?

D-orbit ha infatti sviluppato un sistema propulsivo da montare su tutti i nuovi satelliti. Questo motore, indipendente dal resto del sistema, permetterà un rientro controllato dell’apparecchiatura nell’atmosfera. In pratica, quando un satellite va in pensione e smette di funzionare, viene riportato sulla terra da D-orbit eliminando pericolosi detriti orbitanti. Sembra che il nuovo sistema permetterà inoltre di spostare più agevolmente i satelliti da un’orbita all’altra.

È un primo passo verso la nuova logica di eco-sostenibilità rivolta allo spazio. Il nuovo modo di approcciarsi all’orbita terrestre rappresenta un investimento necessario. Questo per garantire uno sviluppo sostenibile alle future attività commerciali o di ricerca extraterrestri. Inoltra D-orbit è concepito per avere un basso costo. C’è quindi da scommettere che ben presto verrà largamente adottato.

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I tecnici di D-orbit a lavoro

In Italia si può fare

I fondatori Luca Rossettini e Renato Panesi hanno lavorato prima nella Silicon Valley e successivamente alla NASA. Entrambi vantano un curriculum invidiabile e conoscenze aerospaziali eccellenti. E allora perché tornare in Italia? Forse perché il nostro Paese è all’avanguardia nel settore. È un fatto poco conosciuto, ma dopo la Russia e gli Stati Uniti, l’Italia è stato il terzo paese a lanciare nello spazio dei satelliti. Esiste quindi una cultura molto sviluppata in materia. Così come esiste la possibilità di crescita nella nostra Nazione. Occorrono solo competenze, coraggio e forse la capacità di inseguire un sogno.

D-orbit, la startup italiana che ripulisce lo spazio ultima modifica: 2017-03-23T08:07:08+01:00 da Andrea Castello

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