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Intervista ad Alma Manera: musica e arte senza competizione se non con noi stessi

Le sue origini italiane, la cultura del suo Paese quanto hanno inciso nella sua carriera professionale?
Il sentimento italiano nutre il mio temperamento artistico; è un filo rosso che mi lega alla tradizione lirica del “bel canto” tutto italiano; a otto anni già cantavo le melodie dell’operetta e intonavo “Un amore così grande” portata alla ribalta dal grande Mario Del Monaco.
Sono nata a Roma ed ho origini che hanno radici profonde in Calabria, dove sono andata a vivere dai nonni materni al rientro in Italia dagli Stati Uniti dove ho vissuto, sin dai primi mesi dell’infanzia, insieme ai miei genitori. La mia metà genetica paterna, invece, ha origini abruzzesi; mia nonna materna, Regina, ha origini venete. Insomma ho un potpourri di storie incrociate da raccontare da sud al nord Italia! Viva l’Italia!

Secondo lei l’Italia è ancora un Paese meritocratico per quel che concerne la musica? Quali potrebbero essere gli effetti collaterali del non avere persone di qualità nel mondo dello spettacolo?
Credo che il talento prima o poi emerga sempre e si possa manifestare in modalità e ambiti diversi quando però arrivano più chance. Per essere artisti di qualità bisogna avere in primis la natura, quindi il dono dell’arte e poi studiare, apprendere dall’esperienza oltre a fare tesoro, con saggezza, anche degli errori che si possono commettere e grazie ai quali si dovrebbe crescere e migliorare.

Fonte fotografia: Giuseppe Brancato

Per quanto mi riguarda, la mia prima scuola è stata in famiglia dove ho vissuto, grazie alle mie famiglie d’origine, l’opportunità di respirare fin da subito l’aria del set cinematografico, del palcoscenico e giocare tra le tele e le crete dei miei zii. Ho imparato come si fa ma anche come non si fa ed ho avuto dei maestri di vita e di scena dai quali ho imparato molto. Vorrei ricordare Magda Olivero, Elvina Ramella, Beppe Menegatti, Carla Fracci, Paolo Limiti, Mino Reitano e poi tanti altri. Per quel che riguarda l’aspetto legato agli effetti collaterali del non avere persone di qualità nel mondo dello spettacolo credo che ciò porti ad un appiattimento dei nostri valori e alla tristezza di un mondo omologato.

Sogna di portare la sua musica all’estero? Perché?
In realtà l’ho fatto. Grazie al cielo sono un soprano crossover, una performer e la mia versatilità mi permette di suonare diverse “corde” e di regalare al pubblico uno spettacolo variegato con tante sorprese. Le mie canzoni sono state suonate nelle radio estere. Oggi se ci fosse una continuità e dei nuovi brani da esportare all’estero ne sarei contenta.

Lei si è esibita anche all’estero. La musica italiana, è ancora credibile e piace al di fuori del nostro Paese? Secondo lei quale peculiarità fa sì che si distingua nel panorama internazionale e mondiale?
Il nostro sentimento è la nostra matrice. Quando ho avuto l’occasione di esibirmi all’estero ho sentito il calore della gente e ovazioni cariche d’ammirazione. La musica italiana è insostituibile, se pensiamo alle melodie eterne dell’opera, alla musica leggera, alle colonne sonore firmate da italiani e di origine italiana. Quanta storia possiamo scrivere, senza dimenticare la musica napoletana e gli stornelli romani così come i brani di tradizione popolare come la tarantella! La musica italiana è fonte d’ispirazione e modello di studio.

Quali sono state le principali difficoltà che ha dovuto superare per diventare un’artista affermata in Italia?
Mi sono messa alla prova più volte per misurare le mie potenzialità ed ho investito tempo e risorse su me stessa dopo aver compreso il mio valore e ringraziato chi ha creduto in me dandomi delle opportunità. Quello che penso è che, ogni giorno, si debba lavorare per affermare in primo luogo “noi stessi a noi stessi”, scusate il gioco di parole. Io non sono competitiva con gli altri. Lo trovo ridicolo, mi piace più condividere, sono competitiva con me stessa! Quindi a volte possiamo essere noi, la nostra difficoltà! Essere dei giudici severi di noi stessi.

Secondo lei, il mercato discografico, le esigenze dei produttori e quelle dei mass media rischiano di impoverire, di ridurre il talento, l’espressività, la spontaneità dell’artista?
Il modo di comunicare la musica e non solo la musica è cambiato. Oggi conta lo streaming, le OTT (n.d.r. le Over-The-Top, piattaforme streaming) imperano, le piattaforme si sono moltiplicate. Il modo di fare scouting è cambiato, ci sono i talent show.

Fonte fotografia: Angelo Gigli

Per me, che reputo le arti non competitive, è un grande sforzo adeguarmi a questo nuovo sistema e vado avanti in modo artigianale per la mia strada. Tra un gelato confezionato e un cono artigianale preferirò sempre il secondo, così come tra la lettura digitale e la carta stampata. Ho una natura analogica!

Come artista quali sono ancora i suoi sogni nel cassetto?
Sono nel cassetto quando deciderò, se deciderò, lo aprirò per concretizzarli e li svelerò. Anche i sogni hanno valore e vanno custoditi come i segreti.

Se potesse duettare con un artista del passato, chi sceglierebbe e per quale motivo? (Italiano o estero)
Con “The Voice” Frank Sinatra duetterei “Send in the clowns” di Sondheim. Con Michael Jackson farei una performance cantando e ballando i refrain delle sue più grandi hit come, ad esempio, “Thriller”, “Billie Jean”, “Bad”, “Heal the World”. Con Pavarotti condividerei il primo atto della “Bohème” tra Rodolfo e Mimì. Credo che la dolcezza e l’intensità espressa da Puccini in queste pagine di grande musica sia straordinaria, da “Che gelida manina” sin a “Mi chiamano Mimì”. Che sogno!

Secondo lei, oggi, ci sono ancora autori e/o compositori italiani che rappresentano il vero “Made in Italy” o anche le nostre canzoni stanno semplicemente diventando un prodotto commerciale ad uso e consumo delle mode?
Credo che la melodia italiana, così come il melodramma avranno stagioni eterne e che la musica stagionale faccia comunque gioco al mercato del mainstream e dunque ha il suo perché, ma il “classico” sarà sempre eterno.

Il Maestro Jonathan Cilia Faro, che l’ha nominata, da sempre sostiene l’importanza della meritocrazia e della filantropia nel campo musicale. Attualmente qual è il cantante che lei stima maggiormente e in che cosa secondo lei contribuisce a dare lustro all’Italia?
Pienamente d’accordo con Jonathan in questo siamo speculari. La cultura è da sempre l’antidoto alla bruttezza intesa come cattiveria ed è un dovere per chi ha ricevuto in dono il talento e gode del successo conquistato, pensare anche agli altri. Credo che un esempio che coniuga perfettamente questi aspetti sia Andrea Bocelli che porta il “bel canto” e la melodia in giro per il mondo e non dimentica i meno fortunati con la sua fondazione.

Parlando di meritocrazia e di filantropia, secondo lei tra le giovani promesse, quale artista crede meriti di poter emergere? Per quale motivo?
Ci sono tanti giovani interessanti in tutte le discipline artistiche siano esse legate alla musica che alle arti visive. Mi viene in mente Giovanni Caccamo cantautore apprezzato che si occupa anche di arte visuale densa di messaggi positivi.

A seguito della sua esperienza, a suo giudizio, è più facile collaborare con altri artisti italiani o è più stimolante farlo con cantanti stranieri?
Ho avuto la possibilità di collaborare con artisti italiani e non, e in ogni caso non pongo limiti alle collaborazioni. Non credo che dipendano da un confine geografico. Conta il legame che nasce e quando si collabora ci deve essere una sorta di alchimia che crea incanto.

Quali sono a suo giudizio le caratteristiche principali che deve avere un artista per potersi affermare in Italia? È sufficiente il talento?
Penso che tutto il mondo sia un gran Paese e che la possibilità maggiore in ogni campo e dunque non solo nell’ambito artistico-culturale sia credere fortemente nel proprio talento e investire su di esso con determinazione. Altro fattore del successo è il carattere. Eraclito parlava di talento, disciplina e carattere, della capacità di autodeterminarsi, di sapersi muovere sulla scene della vita e sul palcoscenico con professionalità, coltivando la propria identità e aprendosi alla diversità.

Che progetti ha per il prossimo futuro?
Il futuro è in continuo divenire, lo scriviamo e riscriviamo nel momento in cui decidiamo ogni singolo cambiamento. Sicuramente prevedo di continuare la mia attività artistica e di promozione della cultura e della solidarietà attraverso l’impegno sociale. Ho poi assunto un nuovo incarico come consulente artistico e per la promozione delle relazioni esterne della fondazione “Maxxi Art”, al fianco di una persona sensibile e intelligente quale è il nostro presidente Alessandro Giuli e con un team di grandi professionalità. Tutto questo mi permette di creare nuove connessioni al servizio della bellezza delle arti. In campo musicale ci sono anche delle novità, in particolare un working progress con il Maestro Jonathan Cilia Faro… ma non sveliamo troppo.

Fonte fotografia in evidenza: Sorelle Torres

Intervista ad Alma Manera: musica e arte senza competizione se non con noi stessi ultima modifica: 2023-05-23T12:30:00+02:00 da Nadia Milliery Ognibene

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