Emanuel Bianco, in arte “Shiroi”, è un giovane promettente cantautore cosentino. 24 anni, fresco di laurea in Psicologia, con una lunga esperienza teatrale alle spalle, è autore del brano “Federica”, un manifesto contro la violenza sulle donne, pubblicato lo scorso 23 febbraio e disponibile su Spotify e YouTube. La canzone, con un testo dal grande impatto emotivo, fa da apripista ad altri sette brani, che usciranno nei prossimi mesi.
Il messaggio è forte e invita tutti a riflettere: Federica, una ragazza vessata per anni da un compagno violento, riesce, grazie all’amore di sua madre e al prezioso supporto di un amico confidente (lo stesso autore), a liberarsi dalla relazione tossica che l’aveva schiacciata fino a farla sentire sbagliata e inutile. Riesce, così, a ritrovare la forza necessaria per gridare il suo “basta” e ricominciare a vivere. Anche la copertina è realizzata dall’autore.
Il brano, che sta riscuotendo numerosi consensi, vuole essere un messaggio di speranza per tutte quelle donne ancora vittime di violenze e soprusi da parte di compagni incapaci di amarle. In vista della Giornata internazionale della donna, abbiamo voluto incontrare “Shiroi”, che si racconta per noi in questa appassionata intervista, mettendo a nudo il suo animo sensibile, capace di vedere oltre il visibile.
Emanuel, raccontaci di te e di “Shiroi”…
«Shiroi sono io. Ho scelto questo nome d’arte perché significa “Bianco, imbiancato”, un termine che, oltre a coincidere con il mio cognome, rappresenta esattamente come mi sento: una tela bianca su cui sono interpretabili tante abilità e possibilità. Prima di essere un artista e scrittore sono un attore di teatro, e ancor prima un ragazzo che ha dedicato gli ultimi anni della sua vita a fare l’animatore per bambini. La laurea in psicologia è stata uno dei punti nevralgici della mia vita, che ho raggiunto da pochi mesi, con grande soddisfazione. Sono un ragazzo con pregi e difetti, come tanti. Sono piuttosto competitivo, anche se cerco di non prevalere, ma di affrontare le situazioni in maniera agonistica. In questo momento storico, do la priorità alla musica, a me stesso e alla mia ragazza, alla quale devo tanto. Grazie a lei sono riuscito a sbloccare quella parte di me che mi ha consentito di scrivere altri brani, che usciranno in un periodo temporale diverso da quello che stiamo vivendo. Spero che “Shiroi” possa rappresentare un nuovo modo di ascoltare e di recepire determinati messaggi. La mia filosofia di vita è prestare attenzione a tutte le micro differenze che ci sono, anche nelle relazioni umane. Le storie che ascolterete parlano di situazioni che ho vissuto, che il mio cervello ha elaborato e reso udibili».
Com’è nata la canzone “Federica”?
«È nata per essere il regalo di Natale di una persona che ha vissuto realmente ciò che viene cantato. Ho scritto rifacendomi a tutti gli anni in cui ho visto soffrire Federica, questa ragazza a me cara, che tra lacrime e lucide riflessioni mi ha dato modo di assorbire tutto. Mi sono immerso nella sua oscurità e solo così ho potuto accedere agli strumenti che toccano le anime. Nel momento in cui ho realizzato il potere comunicativo ed emozionale di Federica, ho deciso che la sua storia doveva essere resa alla gente, soprattutto in nome di quelle donne che hanno vissuto esperienze simili».
Cosa rappresenta la copertina, peraltro realizzata anch’essa da te?
«L’ho realizzata io perché credo che nessuno meglio di me avrebbe potuto imprimere su carta, utilizzando una semplice penna, il messaggio che volevo dare: di inquietudine, senso di instabilità, di grande e profonda solitudine generata dalla sofferenza».
Il brano è il tuo “manifesto” contro la violenza sulle donne, ma è anche un messaggio di speranza. Qual è la frase che reputi più efficace?
«Assolutamente si, il termine “manifesto” è il più giusto per indicare lo scopo di questo testo che è un vero e proprio climax ascendente di emozioni non tutte positive. La frase che rimane più impressa è: “Adesso Federica ha un peso e lo dimostra”, perché rappresenta il coronamento personale di questa ragazza, che ha attraversato tempeste di sabbia e tempeste relazionali e ora, finalmente, sa di potercela fare e di meritare un futuro che fino a poco tempo fa era utopistico».
L’aver studiato psicologia ti ha fornito gli strumenti utili per intuire il malessere di Federica. Quali sono i segnali a cui bisogna prestare attenzione per comprendere un disagio psichico importante come il suo?
«È innegabile che mi abbia aiutato a bypassare preconcetti e pregiudizi soliti della nostra società. Ho imparato, senza dubbio, a cogliere più dettagli, e sono rimasto affascinato da come sia cambiato anche il mio modo di approcciarmi a problemi di questa entità. I segnali? Ahimè sono “sottili”, a meno che non ci siano evidenti traumi fisici. Bisogna osservare il comportamento con e senza il compagno del soggetto in questione. Spesso si noterà uno “spegnimento” della personalità della vittima, con picchi e cali emotivi. Le modalità, ovviamente, cambiano da caso a caso, ma se non vi sentite libere con il vostro partner, state attente e prevenite prima di curare, perché a volte la cura poi non basta».
Qual è stata la reazione di Federica quando ha ascoltato la canzone?
«È rimasta ferma per un po’, impassibile. Non deve essere facile sentirsi cantare la propria vita in faccia usando parole così dure. Gli stati emotivi che si sono susseguiti sono stati la paura, l’ansia, infine la rilassatezza. Poi le ho comunicato la mia intenzione di far conoscere a tutti la sua storia. Ne abbiamo discusso un po’ ma, alla fine, Federica si è sentita in pace con se stessa e ha accettato».
Nonostante la tua giovane età, hai dedicato molto tempo al teatro, tua grande passione. Quando ti sei avvicinato alla musica?
«Quando ero piccolo scrivevo poesie. Ho partecipato a concorsi nazionali e, in alcuni di questi, mi sono classificato ai primi posti. A partire dai 14 anni, e per dieci anni consecutivi, ho creduto che la mia strada fosse il teatro. Ho una propensione naturale a mettermi nei panni dell’altro, così ho sviluppato questa abilità. Tuttavia, con il passare del tempo, personaggio dopo personaggio, e portando a casa qualche vittoria nonostante la regione in cui vivo, la Calabria, non solleciti l’arte a emergere, ho capito che ho bisogno di un mezzo per esprimermi, che sia il teatro o altro non importa. Questo “altro” è la scrittura di testi, ed è arrivata nel momento in cui è finita la storia con la mia precedente ragazza, nel 2019. A lei sono dedicate alcune canzoni che usciranno nel corso del 2024. Da quel momento non ho più smesso di scrivere e non smetterò mai».
Cosa ti ha dato l’esperienza teatrale e quanto ti ha aiutato a esprimerti anche attraverso la scrittura e la vocalità?
«Il teatro mi ha insegnato a gestire l’empatia, che oggi mi consente di raccontare storie. Dal punto di vista tecnico, sicuramente grazie ai miei maestri, ho acquisito un controllo vocale maggiore e, nell’interpretazione, la profondità necessaria per commuovermi e commuovere».
Gli altri brani che hai scritto e inciso, che presto avremo modo di ascoltare, sono anche il frutto di collaborazioni. Ce ne parli?
«Esattamente. Collaboro con Vladimir Costabile di KAya studios, con il quale ho realizzato i brani che, come ho anticipato, usciranno, in periodi diversi, durante l’anno. L’obiettivo è far crescere “Shiroi” come artista, per far sì che la mia musica arrivi a più persone possibili. Il prossimo sarà “Banale” che, a dispetto del titolo, è tutt’altro che banale, ve lo assicuro».
Sei un artista a tutto tondo, qual è il tuo sogno più grande?
«Il mio sogno è quello di vedere negli occhi della gente che mi ascolta l’emozione per cui ho scritto. Amo stare solo in camera a digitare o ad agitare la penna su un foglio, ma sono certo che il ritorno emotivo di chi ascolta e ascolterà la mia musica sarà impagabile e non vedo l’ora di esserne testimone».
(Foto: Emanuel Bianco; Pixabay)