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Cicciobello. Figlio di due papà ci insegnò a fare le mamme

Giocare alla mamma, prendersi cura di frugoletti posticci, è stato sempre – ed è ancora e sarà – il gioco più democratico e amato dalle bambine italiane. Quando viene alla luce, il Cicciobello è un successo annunciato.

Succede nel 1962. Quando nasce vicino Brescia. Non da una mamma però, contraddittoriamente. Ha due papà invece, come nelle famiglie moderne meno bacchettone. Uno si chiama Gervasio Chiari, fondatore della ditta Sebino, e l’altro Silvestro Bellini, un bravo disegnatore. Cicciobello nasce già grandicello, di due mesetti parrebbe, decisamente paciocco (altrimenti non si spiegherebbe il nome) e maschietto come gli emozionatissimi papà.

Photo by The Honest Company on Unsplash

Ciccio fu affidato alle braccia delle bimbe italiane in una prima versione vagamente disneyana. O più semplicemente con le sembianze di un piccolo principe azzurro. E così il Cicciobello del ’62 ha occhi come il mare, capelli biondissimi e porta una bella tutina color cielo. E naturalmente il ciuccio.

Il successo portò i papà a concepire una serie di fratellini. Cicciobello drin drin, Cicciobello girello, Cicciobello primi passi. E anche cugini: Patatina e Angelino. Un successo dopo l’altro che consentì di ingrandire casa e famiglia: la ditta Sabino arrivò a contare cinquecentocinquanta dipendenti.

Photo by Dakota Corbin on Unsplash

Ma al di là di fare drin drin, sgrirellare e fare primi passi, Cicciobello ha una missione. Figlio di due papà, Ciccio vuole preparare le bimbe d’Italia al loro futuro. Cicciobello è la bambola che insegna a fare la mamma! Slogan che comparvero a decine di migliaia nelle cassette della posta italiane in calce a bigliettini che promettevano su richiesta la consegna a domicilio del prodigio gommoso. Volantini destinati a tutte le piccole donne del paese esattamente nel ’68 – e chissà quanto questi bigliettini avranno condizionato Carla Lonzi quando in capo a un anno, a testa del movimento femminista andrà a affiggere sui muri romani il notissimo manifesto Non vogliamo pensare alla maternità tutta la vita e continuare a essere inconsci strumenti del potere patriarcale. Chissà.

Certo è che non pensare alla maternità proprio oggi sarebbe da insensibili.

Festa delle mamme

La nostra passione per i feticci del resto viene da lontano. Greci, Romani, divinità femminili, fertilità. Rituali che si tenevano nel mese di maggio. A celebrare mamma primavera. Ma è solo nel 1870, e negli Stati Uniti – ben lontano dalla culla delle civiltà – che si ha l’intuizione di dedicare un giorno intero a lei solamente, alla nostra mamma. Ad averla (a sfregio di Carla Lonzi) è proprio un’attivista femminista: Julia Ward Howe. Intuizione che piace moltissimo alla più pragmatica Anna Jarvis (che oggi ricordiamo come la vera mamma della festa della mamma) che promuoverà ufficialmente l’istituzione della ricorrenza scegliendone a simbolo un garofano bianco.

Così, a Grafton, West Virginia, il 10 maggio 1909 va in scena la prima assoluta della Festa della mamma.

E sarà un parroco a chiederne la messa in calendario: don Otello Migliosi dalla diocesi di Assisi nel 1956. Solo sei anni prima che alle braccine ancora tenere delle fanciulle d’Italia fosse consegnata la bionda meraviglia di Ciccio, figlio bello pronto a spiegare a tutte come diventare mamma – così da essere festeggiate anche loro, ogni anno e per sempre, la seconda domenica di maggio.

Cicciobello. Figlio di due papà ci insegnò a fare le mamme ultima modifica: 2020-05-10T09:00:00+02:00 da Redazione

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