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italiani.it entra in esclusiva nel mondo di Andrea Martis, pittore italiano inventore di una tecnica unica al mondo

Negli scorsi giorni abbiamo avuto il privilegio di essere ricevuti, nella sua residenza in Italia, da Andrea Martis, artista intestatario e custode di una peculiare tecnica pittorica unica al mondo, che, per la prima volta da almeno vent’anni, ha accettato di concedere un’intervista nonché l’accesso al proprio studio a una testata giornalistica, scegliendo di farlo proprio con italiani.it. Fatto, questo, che oltre a lusingarci, potrebbe generare effetti inattesi sull’attività artistica riservatissima, quasi segreta, che il pittore nato a Cagliari da padre sardo e madre romana con ascendenze belghe aveva scelto di riservare, fino ad oggi, a pochi eletti.
Martis, infatti, conduce da un trentennio una doppia vita rigorosamente strutturata in cui, di giorno, è brillante e metodico manager di una delle più importanti aziende petrolifere italiane (la Saras della famiglia Moratti) mentre, di notte, è un pittore tormentato, geniale e irraggiungibile.
Sono pochi, infatti, i privilegiati ammessi nel suo studio e ai quali è concessa la possibilità di accaparrarsi una tela: appassionati selezionati minuziosamente lungo gli anni, le cui credenziali per poter trattare l’acquisto di un quadro sono appese all’imprevedibilità dell’instaurarsi di una condizione emotiva intorno all’opera stessa. Insomma, puoi avere un suo quadro solo qualora si dovesse scoprire che esso già ti apparteneva.

Dopo la breve parentesi di un piccolo atelier durata qualche anno, Martis decise di ritirarsi in campagna dove allestì uno studio nel quale potersi isolare.
Tra i suoi seguaci si possono tuttora annoverare persone cosiddette importanti: artisti, scrittori, industriali, psicologi, ma il pittore si costruì un fortino che lo tenesse lontano e al riparo dalle logiche del mercato, evitando poi chirurgicamente il mondo delle gallerie e il sistema delle quotazioni. La valutazione di un Martis è una questione energetica. Ma, dato che non è il valore economico dei suoi quadri ciò di cui il pittore vuole parlare, ovviamente, gli chiediamo di parlarci del suo inizio.

Ho cominciato a dipingere per bisogno, da autodidatta, nel 1993, dopo gli studi classici, mentre studiavo Giurisprudenza.

Quali sono stati i tuoi modelli?

Non posso dire di aver avuto un maestro come modello da seguire perché il mio obiettivo è sempre stato quello di trovare una forma di espressione che mi rappresentasse a pieno.
D’altro canto. ho studiato a fondo molti maestri di cui, per un motivo o per un altro, mi innamoravo: Salvador Dalì (l’indagatore dell’inconscio), Kandinsky (il maestro del colore e della costruzione), Turner (il maestro delle intuizioni e delle mille rivoluzioni), Caravaggio, Pollock, Kiefer e molti altri.

E cosa cercavi in ognuno di questi, qual era la tua emergenza, il tuo bisogno (come hai detto poc’anzi?)

Fin dall’inizio ho cercato di capire cosa distinguesse l’Arte da ciò che non lo era, l’Arte dall’artigianato. Da lì è cominciata una ricerca che dura da quasi trent’anni. Nel corso degli anni mi sono convinto che un “vero” artista, e di conseguenza una “vera” opera d’arte, osserva sempre tre principi:

– L’artista deve rappresentare l’epoca in cui vive
– L’artista deve rappresentare se stesso e solo se stesso
– L’artista deve rappresentare una propria idea di Sublime


Il primo principio renderà l’artista una spugna, capace di assorbire tutto ciò gli sta intorno. La seconda condizione renderà l’artista inequivocabilmente “originale e unico” così come lo è ogni essere umano. Questa capacità, inoltre, unita alla prima, renderà l’artista capace di diventare prima un filtro e, infine, una sorta di profeta (capace di mostrare agli altri un modo nuovo di guardare le cose e di trovare una via). La terza è la condizione più intrinseca dell’arte. Ciò che, tramite la spiritualità, la spinge alla perfezione (vedi “Lo spirituale nell’arte” di Kandinsky). Quella che la costringe a un legame indissolubile con il divino e ne determina la sua più intima funzione.

Fino qui è chiaro. E si comprende il rigore con il quale hai sempre affrontato questo percorso. Mi pare che l’abnegazione a questi precetti somigli alla via dell’asceta…

Seguire questi tre precetti conduce inevitabilmente alla ricerca della verità (in se stessi, nel mondo circostante e in qualcosa di superiore). L’unico percorso che lo potrà portare a decodificare e a sviluppare un nuovo codice comunicativo che, a mio avviso, costituisce lo scopo principale di ogni artista. Ovviamente in pittura, e forse non solo in quella, la verità è costretta a fare i conti con l’apparenza e la realtà. Come noto, ogni epoca ha dato risposte congenitamente diverse a questa dicotomia ed è forse da queste diversità che hanno tratto origine le correnti artistiche in cui molti artisti si riconoscevano e a cui, di volta in volta, aderivano.

Conosci te stesso

Il tuo percorso dura da trent’anni. Quali sono le prove con le quali hai dovuto confrontarti?

Innanzi tutto, dovermi conoscere a fondo. Non spenderò molto tempo sul “Conosci te stesso”; per questo tema non c’è una ricetta. Ciò che importa è che tramite questa ricerca si arrivi ad avere una “visione coerente” e uno stile che ci renda riconoscibili, indipendentemente dalla firma.

Il tempo presente

Poi, il confronto con il Tempo Presente. L’indagine della nostra epoca è uno degli elementi fondamentali per poter elaborare un nuovo codice comunicativo e assolvere alla funzione più intima dell’arte.
La nostra epoca rappresenta un’elevazione algebrica rispetto allo scorrere omogeneo dei secoli scorsi…
La nostra epoca è davvero molto diversa da tutte le epoche passate e, in quanto tale, non potrà che restituire opere d’arte e risposte profondamente nuove ed originali. A mio parere il tempo presente si caratterizza per alcune peculiarità totalmente inedite:

– La teoria della relatività e altre scoperte scientifiche legate alla fisica
– Le scoperte legate alla psicologia
– La comunicazione esasperata per mezzo di TV e social media
– Il marketing applicato ad ogni aspetto della vita


Le prime due, con cui facciamo i conti da almeno un secolo, hanno segnato un solco indelebile nella nostra cultura e nelle nostre convinzioni.
Il combinato disposto delle due ha polverizzato qualsiasi principio assoluto e, con esso, le possibili opinioni sulle cose. Inoltre, sostituendo il soggetto all’oggetto, ha frammentato ancor di più le possibili “verità”, moltiplicando le possibili dimensioni sulla falsa riga della teoria delle stringhe. In termini pittorici ha, di fatto, annientato l’impressionismo (legato all’oggetto) a favore dell’espressionismo (legato al soggetto).
Successivamente, la comunicazione esasperata che si è venuta a creare tramite la televisione prima e i social media poi, trovando terreno fertile nei primi due punti esaminati, ha generato miliardi di opinionisti (spesso vuoti di contenuti), che ci conducono ben oltre l’ottimismo di Andy Warhol (ognuno ha guadagnato ben di più del proprio sacrosanto quarto d’ora di celebrità).
Questo, a mio modo di vedere, ha generato quello che definirei un caos sonoro e visivo, un brusio di sottofondo, che impedisce di sentire con chiarezza i messaggi più acuti e intelligenti.


Infine, il Marketing e il suo obiettivo di creare bisogni inutili al solo scopo di soddisfarli, che venendo applicato a ogni campo della vita umana (non ultima la politica), ha generato nevrosi di qualsiasi genere, gettandoci in un’epoca di confusione ideologica difficile da governare.

Il codice comunicativo

Da queste premesse scaturisce la tua arte?

Il mio codice comunicativo prende ovviamente le mosse dalle precedenti premesse filosofiche. Mi prefiggo, così, di rappresentare l’apparenza e il reale della nostra epoca attraverso opere che potrebbero distinguersi in “views” e “visions”. Le prime si concretizzano, per esempio, nei ritratti o nei paesaggi. In pratica in tutto ciò che generalmente viene considerato reale, ma che in realtà è solo apparenza.
Il soggetto pittorico che, viste le premesse, sarebbe meglio definire oggetto, viene rappresentato in forma quasi fotografica. Fra l’oggetto e il fruitore, però, si interpone la mia peculiare tecnica (quel materico graffiato e mosso) che ha lo scopo di simulare una sorta di lastra vitrea, di membrana. In pratica una sorta di filtro soggettivo, psicologico, che distorce l’oggetto.
L’effetto è amplificato dal fatto che la scelta dei colori non è quasi mai perfettamente “realistica”. La combinazione delle diverse scelte finisce per lasciare lo spettatore come sospeso fra una realtà apparente e una realtà soggettivo/psicologica.
Nelle visions, invece, si vuole rappresentare la Realtà (non apparente) così come io la percepisco.
In queste tele, infatti, si tentano di tradurre gli aspetti citati precedentemente in merito alla nostra epoca.
Di conseguenza si potranno notare:

– brusii di sottofondo (immagini che si accavallano su più livelli)
– Il Marketing (che propone immagini apparenti –spesso ammiccanti – per nascondere secondi fini molto meno nobili)
– Messaggi sovrapposti in contraddizione fra loro
– Ripetitività ossessive e nevrosi


In questa seconda tipologia di opere, inoltre, potranno comparire altri tipi di matericità, di graffi e di cromatismi. Potranno comparire contemporaneamente figurativo e astratto, quasi fossero tipi di comunicazione diversi che, sovrapponendosi, disturbano la comprensione e i sensi. Tutto ciò, ovviamente, rende questo secondo tipo di opere più concettuali delle prime.
Si potrebbe dire, inoltre, che nelle mie opere siano sempre presenti, come nella musica, almeno tre livelli di costruzione: il ritmo, il timbro e la melodia. L’uso di questi tre livelli, in funzione del fatto che vengano utilizzati in modo univoco o in contrasto fra loro, andranno a creare quella gamma di combinazioni comunicative utili a riprodurre le assonanze o le dissonanze che ci propone la nostra epoca.

La mission che la mia opera si propone di raggiungere, in fin dei conti, è quella di rappresentare le contraddizioni del nostro tempo, i pericoli che si celano dietro all’ipertrofica comunicazione markettara, l’incapacità del nostro cervello ad elaborare l’enorme mole di imput visivi e sonori che la nostra società ci impone e le nevrosi che queste generano nel nostro cervello. Di fronte alla mia opera, pertanto, il fruitore si troverà ad affrontare un mare di simboli, messaggi subliminali e manipolazioni markettare in cui il messaggio visibile, spesso, è in contraddizione con il significato sottostante. Attraverso questo percorso potrà dunque cercare di comprendere meglio come gli strumenti della nuova comunicazione possano agire sul nostro sentire, cercando di trovare la via per emanciparsene.
Info: andreamartis@tim.it

italiani.it entra in esclusiva nel mondo di Andrea Martis, pittore italiano inventore di una tecnica unica al mondo ultima modifica: 2022-08-04T09:30:00+02:00 da Luca Farinotti

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