Voci di chi ogni giorno lavora lasciando casa e cari – per poi tornarci (se e quando gli è dato di farlo) con il dubbio di fare loro del male. Piccole storie di una quarantena ancora più difficile, proprio perché permeabile. 

primo piano di Mariana con mascherina

Mi chiamo Mariana, vivo in Sicilia. Ad Augusta, conosciuta come l’isola delle Palme, quindi l’isola nell’Isola. 

Convivo con Giuseppe da cinque anni. L’avrei voluto sposare da un po’, ma visti i tempi, sono contenta che non abbiamo fatto programmi.

Lui è un avvocato e per quasi un mese ha lavorato da casa non più vestito da pinguino, ovvero giacca e cravatta, ma in tuta.

Da bambina sognavo che da grande avrei fatto il chirurgo e in realtà poi sono diventata una farmacista. 

Le prime settimane di lockdown il coronavirus me lo sognavo.

Lui e io chiusi nel magazzino della farmacia, ovviamente solo lui poteva vedermi.

Piano piano ho smesso. Di sognarlo.

Dico sempre che nella mia famiglia siamo collezionisti di esperienze ma questa proprio ci mancava. In tempi non sospetti circa due settimane prima del lockdown avevo iniziato a rileggere i Promessi Sposi. Mai libro fu più azzeccato con il tempo che stiamo vivendo. Stessi errori, stessi scenari. O quasi.

Una cosa che mi è mancata di più in questo periodo è l’odore.

L’odore delle persone intendo, quelle più care. Perché me lo negano la mascherina e il plexiglass. E la lontananza, soprattutto. Chissà che effetto mi farà quando potrò sentirlo di nuovo. Non lo so.

So poco in verità di quello che ci aspetterà domani, dobbiamo soltanto imparare.

Ad avere più pazienza e amore per le cose e per le persone.

A me, alla mia famiglia, a tutti auguro di tenerci sempre stretti. Di tenere duro e non morire adesso. Non morire soli.

“A tutti auguro di tenerci sempre stretti.” Mariana ultima modifica: 2020-05-02T09:00:00+02:00 da Redazione

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