Sito a nord dell’Etna, l’Argimusco è un altopiano dall’aspetto surreale. Viene soprannominato”La Stonehenge italiana“. La ragione, sta in quelle sue rocce antropomorfe e geomorfe che tanto lo fanno somigliare al sito inglese. Eppure, questo sito al confine tra i Nebrodi e i Peloritani, tra i comuni di Montalbano Elicona, Tripi e Roccella Valdemone, non è mai stato oggetto di scavi. E, sulla sua origine, ci sono solo ipotesi e misteri.

Argimusco - Vista dell'Etna
Vista dell’Etna dall’Argimusco – credit Kondephy – CC BY-SA 4.0

La storia delle rocce dell’Argimusco

Pare che, la storia dell’Argimusco, sia davvero molto antica. E che già durante l’Età del Bronzo l’altopiano fosse abitato. Che quelle rocce servissero a formare un santuario naturale, per riti legati al culto della Terra e del Cielo? È questa l’ipotesi più accreditata. Di certo c’è che, le rocce d’arenaria quarzosa, hanno forme antropomorfa e geomorfa d’origine incerta. Forse sono state plasmate dal vento, forse le ha modellate l’uomo centinaia e centinaia d’anni fa. La loro posizione, poi, potrebbe non essere casuale: indagini d’astronomia culturale le attribuiscono anzi una funzione rituale o calendariale. Tuttavia, il fatto che non siano stati trovati nei loro pressi testimonianze reali della presenza umana, fanno pensare più che altro che – queste pietre dell’Argimusco – fossero più che altro dei riferimenti per l’osservazione astronomica, o che vi si svolgessero dei riti.

Argimusco - Rocce
Le rocce dell’Argimusco – credit Davide Mauro – CC BY-SA 4.0

Esistono però delle differenze tra le rocce dell’Argimusco e quelle di Stonehenge. Le prime sono infatti d’origine naturale: sarebbe stata la natura a dare origine al sito, e a plasmare quelle stesse rocce, con l’intervento umano solo a margine. Stonehenge è invece il più famoso e gigantesco cromlech, un composto di megaliti che – secondo la teoria più accredita – fu realizzato dall’uomo così da dar vita ad un osservatorio astronomico. Al di là delle analogie e delle differenze, l’Argimusco è davvero un luogo magico. Ed è uno di quei posti che gli italiani, grazie all’undertourism che la pandemia ha portato con sé, stanno imparando a (ri)scoprire.

Le formazioni più celebri del sito

Quando s’imbocca il sentiero principale dell’altopiano, è possibile trovare una mappa del sito per conoscere l’esatta posizione delle rocce più celebri e più scenografiche. C’è il mehir della virilità, simbolo della fertilità con quelle due rocce poste l’una di fronte all’altra e rappresentanti gli organi maschile e femminile, e c’è l’aquila col becco che punta verso l’Etna. E poi il mammuth, la scimmia, l’occhio, la roccia con la sfera. Infine, la donna orante con le mani giunte in preghiera e il guerriero (o sacerdote) con le sue sembianze umane. L’intero percorso, lungo due chilometri e mezzo, ha un tempo di percorrenza di circa due ore.

Argimusco - Il menhir della virilità
Il menhir della virilità – credit Bdsklo – CC BY-SA 3.0

Il modo migliore per visitare l’Argimusco è partire da Montalbano Elicona. Parte del circuito dei Borghi più belli d’Italia, eletto “Borgo dei borghi” nel 2015, è davvero un luogo da scoprire. Tra le sue vie il tempo pare essersi fermato, il castello è ottimamente conservato, e si respira un’aria pacifica difficile da trovare altrove.

Foto in evidenza da Wikipedia (credit: Kondephy – CC BY-SA 4.0)

Argimusco, viaggio alla scoperta della Stonehenge italiana ultima modifica: 2021-06-22T16:00:00+02:00 da Laura Alberti

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