Il curatore Eugenio Viola ce lo aveva anticipato in una intervista che recentemente aveva concesso a italiani.it . “Sarà un progetto visionario, coraggioso, come è nelle corde di Gian Maria Tosatti e anche nelle mie corde. L’unica ragione di esistere dell’arte è quella di collegarsi a tutto ciò che è civile”. E’ davvero un’esperienza particolare quella che si vive visitando il Padiglione Italia della 59. Biennale Arte negli spazi delle Tese delle Vergini all’Arsenale. Esperienza immersiva in una storia dell’Italia post industriale che l’artista Gian Maria Tosatti, per la prima volta unico deus ex machina del Padiglione Italia, rappresenta con una sorta di partecipazione emotiva.
Che emana da macchinari industriali ormai polverosi e abbandonati, da un’ambientazione di casa, anni Sessanta del secolo scorso, ormai in disuso, con ancora il telefono nero appeso al muro. Colpisce particolarmente il silenzio della sala allestita con un “esercito” di macchine da cucito mute e inattive. Manca l’uomo, ed è la costante di tutto questo percorso espositivo dal titolo affascinante Storia della Notte e del Destino delle Comete.
Storia della Notte e del Destino delle Comete: ascesa e declino del sogno industriale italiano
E’ sempre carica di attese la visita al Padiglione Italia della Biennale Arte. Si entra in numero contingentato e molto ristretto, in silenzio come raccomandano all’ingresso. Per meglio cogliere l’atmosfera di decadenza, di progresso imploso, cristallizzato. Senza fine, come la canzone di Gino Paoli che accompagna, e sottolinea, il percorso espositivo. E’ la “notte” di un boom economico quella che viene raccontata all’inizio, scenario per la creazione di questa mostra che, simbolicamente, illustra l’ascesa e il declino del sogno industriale italiano.
L’esperienza immersiva del Padiglione Italia di Gian Maria Tosatti
Nella grande storia di questa parabola, tante piccole storie non meno coinvolgenti e significative, spiega Gian Maria Tosatti, come quella che sta dietro alle macchine da cucito inattive e senza vita. “Le abbiamo prese da una ditta che era fallita – dice l’artista – Abbiamo chiesto che le smontassero perché dovevamo spostarle altrove. Ma il responsabile di quella ditta le guardava con aria smarrita, non se la sentiva di farlo”. Quel che si vede sono i “Muscoli fermi di macchine – sottolinea nella presentazione della mostra il curatore Eugenio Viola – che ‘vorrebbero ancora lavorare’ e riflettono la frustrazione di una classe operaia giunta al capolinea … dietro la resa della civiltà industriale c’è anche il dato umano, l’incertezza delle famiglie”. Secondo quell’idea di arte – così vicina al curatore – che esiste solo se è collegata a tutto ciò che è sociale e civile. E che mette in evidenza la necessità del difficile indispensabile rapporto di equilibrio tra tecnologia e natura. Ma anche di sviluppo sostenibile e ripensamento di modelli etici di produzione, consumo e profitto.
Alla fine del percorso espositivo si raggiunge, camminando su una passerella, un grande bacino sommerso d’acqua. Dopo la “Storia della Notte” è qui che si traduce il “Destino delle Comete”, in un grande buio dove però uno sciame di piccole luci sembra dare un senso di speranza e di ottimismo. Forse vogliono essere proprio quelle lucciole di cui parlava Pier Paolo Pasolini in un suo celebre articolo. Era comparso sul Corriere della Sera il primo febbraio 1975. “Darei l’intera Montedison – scriveva allora Pasolini nella chiusa dell’articolo – per una lucciola”.
(crediti: Gian Maria Tosatti, “Storia della Notte e Destino delle Comete”, Padiglione Italia alla Biennale Arte 2022, a cura di Eugenio Viola, Commissario del Padiglione Italia Onofrio Cutaia. Courtesy DGCC – MiC)