Il Pozzo di San Patrizio è un’opera architettonica realizzata in tufo nel ‘500, nella città di Orvieto. Il pontefice Clemente VII la commissionò al fiorentino Antonio da Sangallo il Giovane quando, in occasione del sacco di Roma, nel 1527 si rifugiò nella città umbra. Il pozzo, che inizialmente doveva essere a uso della rocca fortificata (la Fortezza di Albornoz che vi si trova accanto), aveva la funzione di servire da approvvigionamento di acqua in caso di calamità o di assedio. Per tale ragione, all’epoca della costruzione, era denominato “Pozzo della Rocca”. Clemente VII non vide mai realizzata l’opera, che fu portata a termine quando sul soglio pontificio sedeva Paolo III Farnese. Oggi è possibile visitare il pozzo, diventato museo.
2 scale a chiocciola e 72 finestre
Il Pozzo si trova anche vicino al tempio etrusco del Belvedere. I lavori per la sua realizzazione terminarono nel 1537. Durante le assenze di Sangallo, essi furono diretti da Giovanni Battista da Cortona, mentre le parti decorative sono di Simone Mosca. Nel corso degli scavi, venne alla luce un sepolcro pre-etrusco. Costruito a forma cilindrica, il pozzo è profondo sessantadue metri e largo tredici. Intorno a esso girano a spirale due scale a chiocciola interne, separate e a senso unico.
Ciò serviva a impedire che le persone con i muli che si recavano nel fondo del pozzo ad attingere acqua intralciassero il cammino di chi, dopo essersi procurato l’acqua, risaliva in superficie. Ogni scala ha duecentoquarantotto scalini facili da scendere. Le scale ricevono la luce da settantadue finestre aperte nella canna. Queste si arricchiscono di decorazioni elaborate e dettagliate raffiguranti stemmi, figure umane e motivi floreali. La luce diminuisce man mano che si scende, fino a diventare penombra. In fondo alla canna, un piccolo ponte attraversa il pozzo e collega le due scale. Il livello dell’acqua sul fondo si mantiene sempre costante grazie alla presenza di una sorgente naturale che rifornisce l’acqua e a un emissario che fa defluire quella in eccesso.
L’esterno
La parte esterna del pozzo, consistente in una larga e bassa costruzione cilindrica, è decorata dai gigli farnesiani di Paolo III. In essa si aprono due porte in punti diametralmente opposti. Il pontefice incaricò anche Benvenuto Cellini di coniare una medaglia, oggi conservata nei musei Vaticani, con la scritta “UT POPULUS BIBAT” (“perché il popolo beva”). Vi è rappresentato Mosè che colpisce con la verga una roccia da cui sgorga l’acqua davanti al popolo ebreo in fuga, mentre uno di essi ne attinge con una conchiglia. Sull’entrata campeggia la scritta “Quod natura munimento inviderat industria adiecit” (“ciò che non aveva dato la natura, procurò l’industria”) a voler celebrare la potenza dell’ingegno umano capace di sopperire le carenze della natura.
Un nome, una leggenda
Il nome Pozzo di San Patrizio si fa risalire all’800, quando, per rinominarlo, i frati del Convento dei Servi si ispirarono alla leggenda del santo irlandese Patrizio. Si narra che egli si ritirasse in preghiera nei pressi di una grotta molto profonda, tanto da pensare che fosse collegata con l’aldilà. Il santo invitava i fedeli a raggiungere il fondo della cavità in cambio della remissione dei peccati e dell’ingresso in Paradiso. Di conseguenza, il pozzo acquisì anche un’aurea di sacralità. Oggi, con l’espressione “Pozzo di San Patrizio” si usa anche indicare una riserva misteriosa e sconfinata di ricchezze. Esso è diventato negli anni meta di visitatori da tutto il mondo, che qui giungono per ammirarne la grande architettura e conoscerne l’affascinante storia. Insieme al famoso Duomo, il Pozzo di San Patrizio è uno dei monumenti più belli e rappresentativi della città di Orvieto.
(Foto: Pozzo di San Patrizio, Pagina Facebook)