Italiani.it intervista Elena di “Donne che Emigrano all’Estero” un’italiana che vive da venti anni a Londra!
Donne che Emigrano all’Estero è un sito web di italiane che vivono fuori dall’Italia.

Come viene promossa l’italianità nel mondo?

Io  difendo invece di promuovere: non sopporto chi parla male dell’Italia senza averne diretta conoscenza.
Purtroppo una certa fama ci precede, per cui è difficile convincere gli stranieri del contrario.
Nel mio campo (assicurazioni), ad esempio, certi assicuratori hanno avuto un’esperienza  terribile con l’Italia e gli italiani, e come risultato non vogliono più lavorarci.

Come è nata l’idea di aprire un blog dedicato alle donne espatriate all’estero

L’idea venne a Katia Terreni, expat alle Seychelles, che cominciò raccontando delle sua esperienza.  Forte dei consensi ricevuti, e soprattutto delle storie di altre donne expat, decise di creare un gruppo Facebook, proponendo delle collaborazioni a chi si mostrava interessata.  Il gruppo è cresciuto, sia in termini di autrici e zone geografiche coperte sia in termini di pubblico, e su questa base è nato il blog.

elena-londra

Quali sono i principali motivi per cui una donna decide di lasciare l’Italia?

Il lavoro, soprattutto negli anni più recenti, per il quale si parte, spesso, al seguito del marito, ma anche in solitaria.
La ricerca della propria identità, di una realtà più consona alla propria personalità, lo spirito di avventura e la voglia di esplorare il mondo per chi lascia da sola.

Tutte legate dall’esperienza comune di vivere all’estero, eppure in luoghi spesso molto lontani tra loro. Come vi siete trovate?

Ci siamo trovate grazie al gruppo; Katia ci tiene unite, coordinando noi autrici e le attività, frutto della sua creatività.

Alcune  hanno vissuto in più Paesi esteri. Non c’è il rischio di sentirsi senza radici? Dov’è “casa”?

Per me, casa è Londra, la città nella quale risiedo da diciannove anni. Ė la città in sè stessa ad esserlo più che una casa in mattoni, visto che ho cambiato indirizzo otto o nove volte.
Ė la città dove ho conosciuto i miei ex, dove sono nati i miei figli, dove ho fatto carriera e della quale mi sento parte integrante. Detto questo, sarei pronta a partire subito se si presentasse l’occasione di trasferirmi negli Stati Uniti, il mio sogno nel cassetto. Credo che per ognuna di noi valga il motto “home is where your heart is” (la casa è dove hai il cuore).

Capita di pensare a quale potrebbe essere il posto migliore dove crescere un figlio?

Io non ho avuto dubbi su dove avrei fatto crescere i miei figli: a Londra. Quando è nata la mia primogenita, ero residente da oltre due anni. Negli anni successivi, quando mi sono trovata mamma single, ho resistito alle pressioni dei miei genitori affinchè tornassi in Italia, nonostante lì la vita pratica, con il loro supporto, sarebbe stata più facile.

Sapevo però che per crescere bene mia figlia, dovevo stare bene io, e questo non era possibile in Italia. Inoltre, volevo che lei avesse l’inglese come prima lingua, pur insegnandole l’italiano. Anni dopo feci la stessa scelta con il mio secondogenito, quando mi trovai di nuovo da sola. Sono soddisfatta della mia duplice scelta: i miei figli sono bilingue e crescono in una città in perenne movimento, che offre loro la libertà di essere quello che vogliono.

elena-londra

Che consigli hai da dare, tu Elena, a una donna che decida di trasferirsi in un altro Paese?

Uno solo: integrarsi.
Suggerisco di non pensare a quello che si è lasciato alle spalle (la casa di proprietà o dei genitori, la macchina, le abitudini, gli affetti). Invito, invece, ad immergersi nella realtà che si è scelta e ad apprezzare quello che offre. I confronti non aiutano e, a mio giudizio, aumentano solo il disagio.

Io, ad esempio, al mio arrivo a Londra accettai tutto di buon grado: la condivisione dell’abitazione, quando in Italia avevo il mio piccolo appartamento; l’uso dei mezzi pubblici, quando in Italia avevo la mia macchina. La struttura delle case, con le pareti di cartapesta, così diversa dall’Italia; la presenza della moquette nei bagni: l’assenza del bidet, una tragedia per molti connazionali.

Oggi, mi sento perfettamente integrata ed i miei colleghi e amici autoctoni mi considerano una di “loro”.

Da quando avete iniziato a scrivere questo blog, cos’è cambiato nella vostra vita?

Ho cambiato lavoro, passando attraverso un breve periodo di disoccupazione inaspettata; ho cambiato casa; i miei figli sono cresciuti. Come autrice, ho scritto molto e trovo che il mio stile si sia evoluto nel tempo. Ho un piccolo seguito tra le nostre lettrici, cosa che mi fa veramente piacere.

Il vostro libro “Donne che emigrano all’estero” è una raccolta di storie.
Raccontate svelando degli aspetti anche intimi che riguardano le esperienze vissute lontano dall’Italia.

Cosa avete provato quando avete finito di scriverlo?

Per ognuna di noi, vedere la propria storia di expat raccontata in un libro corale è stata una grande soddisfazione e un motivo di orgoglio.

C’è qualcuno in particolare a cui senti di voler dedicare questo libro?

Le dediche sono, in genere, per la famiglia. Io lo dedico ai miei figli, ai miei genitori ed a mio fratello.

Grazie ad Elena Fanelli per l’intervista.

Se volete leggere altre storie di Elena, oltre che sul libro, le trovate QUI

 

Intervista ad Elena, expat a Londra da 20 anni ultima modifica: 2017-04-21T07:37:26+02:00 da Katia Terreni

Commenti