Vorresti vivere per lunghi periodi presso Paesi dai quali vorresti apprendere lingua, cultura e titoli riconosciuti; ma l’indisponibilità economica e sociale non ti permette di pensare nemmeno di poterti trasferire nella tua camera, senza dover pagare affitti elevati? Per tutto il resto c’è AuPair World. Un’agenzia online che si occupa del collocamento di ragazzi/e alla pari, operante in tutto il mondo.

Attraverso questa piattaforma, AuPair e Famiglie ospitanti possono incontrare la risorsa a loro più gradita; e stipulare un formale contratto nel quale è prevista una collaborazione che vede entrambe le parti impegnate nell’assolvimento di determinati doveri. Attraverso una video call Skype, la famiglia e la candidata AuPair si conosceranno e, qualora si scegliessero reciprocamente, tratteranno un vero e proprio vademecum dei compiti da svolgere durante il periodo di convivenza.

La famiglia stabilirà degli orari di lavoro e i lavoretti di casa che la candidata sarà tenuta a svolgere; e infine si occuperà del sostenimento di spese che riguarderanno la scuola attraverso la quale, l’AuPair, frequentando, riscuoterà un attestato di riconoscimento che certifichi l’acquisizione della lingua “x” appresa. L’AuPair sarà semplicemente tenuta/o a svolgere le faccende pattuite; ottenendo in cambio vitto e alloggio a carico degli ospitanti, più una discreta paghetta settimanale da spendere come vorrà.

Sembra tutto molto eccitante sino a quando non si prende parte, attivamente, a quest’esperienza. Non sono poche le contraddizioni che ne seguono una volta giunti a destinazione per le/i candidate/i AuPair. Capita che 3 su 4 di coloro i quali hanno scelto l’universo alla pari condividano la stessa identica esperienza; le famiglie molto spesso non rispettano gli orari pattuiti e le funzioni del/della candidato/a finiscono per emulare quelle di un/una domestico/a (sottopagato, in questo caso).

L’esperienza AuPair di Valeria

Valeria, catanese, 23 anni, ha vissuto in Irlanda per ben due anni grazie al progetto AuPair. Terminati gli studi superiori, Valeria viene assorbita nella legione dei “senza esperienza” lavorativa; etichetta che non le ha permesso di inserirsi all’interno di un mondo dove l’esperienza sul lavoro è il minimo. Nonostante i suoi ultimi anni da pre-diciottenne li abbia passati sui banchi di scuola; luogo nel quale la formazione dovrebbe essere funzionale per l’inserimento dei circuiti lavorativi. Cosa poteva esservi di meglio al pari del progetto AuPair? Per tali ragioni, prese il volo per l’Irlanda – Il mio inglese era assolutamente insufficiente – racconta Valeria. – Per il colloquio su skype mi presentai con un’amica che mi aiutò nella traduzione. Pensai non che mi avrebbero mai scelto, per via del basso livello del mio inglese. Ma alla fine sono stata scelta!-.

Durante l’intervista, Valeria sembra confermare ogni nostra nozione sul progetto. – La famiglia contribuiva al mio vitto e al mio alloggio – Segue. – avevo una paghetta niente male a settimana che mi permetteva di frequentare una scuola di inglese e raccogliere qualche risparmio -. Quando tocchiamo il tema sugli orari, senza mezzi termini, ci dice – Mai rispettato gli orari – Afferma.- Personalmente, per via dell’ospitalità, mi sarei sentita in difetto se avessi fatto storie per l’orario; avrei rischiato di creare contrasti in un posto dove sarei dovuta stare per lungo tempo -.

L’esperienza AuPair di Livia

Parere diverso quello di Livia, ragazza romana di 19 anni, che attualmente vive a Londra come AuPair – Svolgo mansioni appropriate per una domestica che per un’AuPair -. Racconta con una certa rassegnazione – Non seguo gli orari inizialmente concordati, dal primo giorno che sono qui; e molto spesso durante la giornata posso avere al massimo un’ora di riposo -. Due esperienze condivise, ma in maniera differente.

L’antefatto della partenza di Aurora, racconta la tipica nenia di chi dopo il diploma cerca esperienze fuori dai confini della propria terra. –  Mi ha sempre affascinato una città come Londra – Confida. – Certo, viverla ha tutto un altro sapore: la gente sempre di fretta, l’apatia nelle metro e il cibo che non è italiano. Ma andarsene adesso non avrebbe senso -. Livia è infatti mossa dalla ragione comune che muove ogni Aupair: imparare la lingua del paese nel quale risiederanno temporaneamente – Sono determinata ad apprendere la lingua al massimo delle mie capacità e ci riuscirò -.

L’esperienza AuPair di Salvo

L’esperienza lampo di Salvatore, 27 anni, potrà delineare un profilo completo dell’esperienza AuPair. Salvatore è un ragazzo residente in un paese di provincia del Sud Italia. Laureato in Ingegneria Edile, Salvatore avrebbe voluto servirsi del progetto AuPair per consolidare la padronanza della lingua inglese. Così è andato a vivere a Marcham; circa 20 km da Oxford – Come ogni candidato ho avuto un colloquio via Skype con la Famiglia che mi avrebbe ospitato – Ci racconta. – La mia intenzione era quella di rafforzare la padronanza della lingua inglese; volevo tentare di concludere la laurea specialistica all’estero. Ho rafforzato il mio inglese. Ma dopo due mesi sono tornato -.

Anche Salvatore ci rilascia qualche appunto sul contratto AuPair stipulato. – Ovviamente gli orari stabiliti erano pura formalità. E anche qualora venissero rispettati i margini di tempo, per me, risultavano poco flessibili -. Conclude – Alla fine risultavi essere un domestico. Così dopo due mesi sono tornato -. 

Consiglieresti quest’esperienza ad un tuo coetaneo?

Ovviamente sì. Ti induce a raggiungere una padronanza della lingua inglese; ma tutto questo dev’essere misurato asseconda dei propri obiettivi a breve e lungo termini.

 

 

Italiani AuPair: Giovani alla pari o Domestici? ultima modifica: 2016-11-22T10:32:11+01:00 da Carlo Festa

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