“Leda e il cigno”, una delle opere del maestro Leonardo Da Vinci considerate perdute, è stata finalmente “ritrovata”. Le virgolette in questo caso sono d’obbligo, poiché il dipinto è sempre stato sotto gli occhi di tutti, anche se attribuito all’autore sbagliato. Questa incredibile scoperta, che riscrive ancora una volta la storia dell’arte, è stata possibile grazie al lavoro dell’esperta vinciana Annalisa Di Maria, svolto insieme alla dottoressa Nathalie Popis e al Professore Emerito Jean-Charles Pomerol. I risultati del lavoro sono stati poi pubblicati sulla rivista Open Science, in un articolo intitolato “Leda et le Cygne de Léonard de Vinci”. L’opera originale, nata dalla mano del maestro fiorentino è da secoli parte della collezione della Wilton House del Conte di Pembroke. Quest’ultima era stata infatti erroneamente attribuita al pittore Cesare da Sesto, il quale ha realizzato una sua versione dell’opera, conservata a Villa Borghese a Roma.
L’errore di attribuzione: da Leonardo a Cesare Da Sesto
In “Leda e il cigno”, Leonardo raffigura un episodio della mitologia greca. Zeus, invaghitosi di Leda, regina di Sparta e moglie di Tindaro, decide di sedurla tramutandosi in un bellissimo cigno. Da questa unione nacquero quattro gemelli: i dioscuri Castore e Polluce, Elena (di Troia) e Clitennestra, moglie di Agamennone. Leonardo realizzò l’opera nei primi anni del Cinquecento. In seguito, probabilmente verso il 1518, Francesco I l’acquistò insieme alla Gioconda, San Giovanni Battista e Sant’Anna la Vergine e il Bambino con l’agnellino. Da allora divenne parte della collezione di Fontainebleau. Tuttavia nel 1627, l’opera venne poi acquisita da Thomas Howard, XIV Conte d’Arundel, soprannominato “Il Conte Collezionista”. Già all’epoca l’opera era stata indicata come realizzata dalla mano del maestro.
L’errore nacque quindi da un errato inventario risalente alla fine del XVII secolo, che indicava il dipinto come ancora appartenente alle collezioni francesi. Cassiano Del Pozzo nel 1625 descriveva l’opera di Leonardo indicando la presenza dei quattro gemelli. Quella della collezione francese, descritta dall’abate Dan nel suo libro “Le trésor des Merveilles de Fontainebleau” nel 1642, presenta invece soltanto due gemelli ed era una copia della Leda di Leonardo. Nonostante sia sempre rimasto nella collezione inglese, agli inizi del Novecento alcuni storici dell’arte attribuirono erroneamente il dipinto della Wilton House a Cesare da Sesto. La “Leda e il cigno” di Cesare conservata a Villa Borghese presenta molte similitudini con l’opera leonardesca, anche se l’approccio stilistico e tecnico rimane lontano da quello del maestro.
Leda e il cigno: lo stile, la tecnica e la simbologia di Leonardo
Come molte altre opere di Leonardo Da Vinci, anche “Leda e il cigno” presenta tutti i caratteristici dello stile di Leonardo, in particolare la scienza della misura e delle proporzioni. Infatti la Leda di Leonardo rispetta con incredibile precisione le proporzioni vitruviane, considerando l’inclinazione del corpo e la lunghezza del braccio. Inoltre, per il viso di Leda Leonardo usò come modello il suo discepolo Salaï per la sua bellezza androgina, che incarnava la dualità delle virtù maschili e femminili (già utilizzato in altre opere come il San Giovanni). Nel dipinto non manca poi il simbolismo. Nonostante si tratti di un soggetto mitologico, sullo sfondo si può notare una grande croce, come se fosse presente di un luogo di culto cristiano. Inoltre la corona di fiori intorno al cigno simboleggia l’animo umano che si eleva al mondo spirituale. Inoltre, nel cristianesimo, essa rappresenta la resurrezione di Cristo e la vita eterna.
Leda e il cigno è un’opera di maestosa bellezza, l’ennesimo capolavoro di Leonardo Da Vinci che adesso può essere ammirato con nuovi occhi e nuovo senso critico. Questa straordinaria scoperta non sarebbe stata possibile senza il lavoro meticoloso di Annalisa Di Maria, della specialista Popis e del Professore Emerito Pomerol. La Wilton House ha da sempre avuto nella sua collezione questo meraviglioso dipinto del maestro fiorentino, senza però mai saperlo. Ciò aumenterà sicuramente il valore del museo, come luogo di interesse per tutti gli amanti dell’arte, e incrementerà il flusso di turisti che vorranno ammirare il “capolavoro ritrovato” di Leonardo Da Vinci.