Nella sua conformazione a stivale l’Italia si caratterizza di una notevole varietà paesaggistica. Tra verdi pianure, coste, terrazzamenti e cime montagnose spuntano qua e là bocche di fuoco. Affascinanti quanto pericolosi e temibili i vulcani sono presenti in zona centro meridionale. Ma quanto conosciamo effettivamente delle loro vite? Proviamo a scoprirli più da vicino tra forme, eruzioni e curiosità.
Cosa sono?
Prima di parlare dei vulcani presenti in Italia occorre fare un po’ di chiarezza. Proviamo quindi a spiegare cosa sono. In parole semplici si potrebbe dire che si tratta di aperture naturali della crosta terrestre dalle quali risale il magma sino a raggiungere la superficie. I vulcani hanno spesso forma conica risultando vagamente simili ad una montagna ma con sostanziali differenze. La prima che ci viene in mente è che sono dotati di cratere. Una sorta di “bocca” dalla quale emergono lava, cenere, lapilli, gas, scorie e vapore. Se c’è una “bocca” allora significa che da qualche parte è presente uno “stomaco”. E già, i vulcani hanno il loro “stomaco” che, esattamente come per il nostro corpo, non è immediatamente visibile. Si trova infatti ben nascosto all’interno della crosta terrestre e corrisponde alla camera magmatica, uno spazio intermedio in cui il magma opera la sua risalita verso la superficie.
Non tutti i vulcani possono tuttavia essere descritti in maniera così semplicistica. Questo è vero soprattutto per i Campi Flegrei che contano ben 19 crateri in parte coperti dal lago d’Averno e distribuiti su un’area di 64 km quadrati. Sprovvisti di un corpo centrale, il magma non fuoriesce da una via preferenziale bensì da diverse linee di cedimento della crosta terrestre. I vulcanologi parlano infatti di “campi” la cui attività è strettamente connessa a quella del Vesuvio.
Nell’Italia centro meridionale
Quando pensiamo ai vulcani presenti sul nostro territorio subito ci vengono in mente due nomi. Vesuvio ed Etna. Entrambi sono meta di escursione turistica sino ad una certa quota in quanto considerati attivi. L’ultima eruzione del Vesuvio è avvenuta nel 1944 ma la più nota, in termini storici, è stata certamente quella del 79 d.C. che comportò la distruzione di Pompei ed Ercolano. Molte le persone e gli animali rimasti pietrificati dalla lava. Per l’Etna invece si parla solo dello scorso 24 dicembre quando il vulcano si è fatto sentire con ceneri, lapilli e scosse di terremoto.
Eppure ce ne sono molti di più. Concentrati in zona centro meridionale sono ben dieci i vulcani ritenuti ancora svegli. Partendo dal Lazio incontriamo i Colli Albani cui seguono in Campania i Campi Flegrei, quindi Vesuvio e Ischia. Spostandoci a sud: Stromboli, Lipari, Vulcano, Etna, Pantelleria e Isola Ferdinandea. Se alcuni nomi ci sono più noti rispetto ad altri, la spiegazione è subito data. Tra i vulcani citati sono certamente l’Etna e lo Stromboli quelli che manifestano una più frequente attività. Le loro eruzioni sono infatti continue e separate solamente da brevi periodi di riposo che di media durano qualche mese o al massimo pochi anni. Come si stabilisce allora se un vulcano è attivo o meno? La linea di demarcazione è data da un arco temporale piuttosto lungo. Si parla di ben 10000 mila anni quale periodo entro il quale i vulcani hanno manifestato un’eruzione anche se attualmente vivono una fase di riposo. All’opposto si definiscono spenti quei vulcani la cui ultima attività risale ad oltre 10000 anni fa.
Varietà vulcaniche e curiosità
Abbiamo già capito che i vulcani non sono tutti uguali. Possono essere singoli e somigliare ad una montagna dotata di cratere oppure possono costituire un raggruppamento come nel caso dei Campi Flegrei e dei Colli Albani. Ma c’è di più, i vulcani possono essere addirittura invisibili perché nascosti sotto la superficie dell’acqua. Questo è vero soprattutto per i vulcani marittimi presenti nel Mar Tirreno e nel Canale di Sicilia. Tra di essi spunta l’Isola Ferdinandea emersa nel 1831, difronte alla città di Sciacca, a causa dell’accumulo di prodotti lavici e simili. Come improvvisamente apparve, l’isola scomparì altrettanto rapidamente. Bastò infatti qualche mese perché il mare la distrusse. Oggi si trova completamente sotto il livello dell’acqua e prosegue la sua attività soprattutto attraverso la produzione di gas che diffondono in colonne di decine di metri di diametro. Il suo nome si deve al Sovrano del Regno delle due Sicilie anche se non mancarono in quel periodo le rivendicazioni di altre potenze europee. Per questo è conosciuta anche come Graham per gli inglesi e Giulia per i francesi.