55 anni senza Luigi Tenco sono molti da sopportare, soprattutto se si pensa a quanto l’artista genovese (d’adozione) avrebbe potuto dare alla musica italiana. In quella tragica notte sanremese del 27 gennaio 1967, in cui l’artista si tolse la vita con un colpo alla tempia, morì anche la musica. Tenco era un talento puro, un genio ribelle e, per questo, poco compreso dal pubblico di allora, legato ancora ad un tipo di musica differente. L’epoca della canzone d’autore si stava cominciando ad affermare e Tenco faceva parte del gruppo della “scuola genovese”, che vedeva tra i suoi componenti anche artisti come Fabrizio De Andrè, Gino Paoli e Bruno Lauzi (per citarne alcuni). Tenco fu il “meno fortunato” tra i cantautori dell’epoca. Tuttavia il suo stile inconfondibile e i suoi testi profondi furono rivalutati negli anni a venire, rendendolo uno dei miti immortali della musica italiana.
Un “ragazzo qualunque” che voleva cambiare la musica italiana
Tenco, oltre che per la sua tragica morte, è ricordato per essere stato un cantante cupo, malinconico. Anche se egli stesso ebbe a dire «se sono di buon umore non scrivo canzoni, vado a farmi un giro», chi lo conobbe lo ricorda come un ragazzo di vent’anni qualunque, una persona allegra. La malinconia che emerge dai brani di Tenco è legata anche alla forza espressiva dei suoi testi. “Mi sono innamorato di te” (1962), “Ho capito che ti amo” (1965), “Uno di questi giorni ti sposerò” (1966) e “Angela” (1962), sono solo alcuni esempi di come Tenco tratta il tema dell’amore in modo non convenzionale rispetto ai canoni dell’epoca, ovvero un amore tormentato. Luigi Tenco non era soltanto un artista anticonformista, era antimilitarista e autore di brani di protesta politica e sociale.
“Cara maestra” (1962), brano di critica sociale dal testo profondamente innovativo contro la disuguaglianza, fu censurato per 2 anni dalla RAI per un verso dai toni anticlericali. In “E se ci diranno” (1967), Tenco esprime tutto il suo antimilitarismo e antirazzismo: «E si ci diranno/che è un gran traditore/chi difende la gente/di un altro colore/noi che abbiamo visto gente con la pelle chiara/fare cose di cui ci dovremmo vergognare/noi risponderemo noi risponderemo no no no no». “Ciao Amore, ciao” (brano cantato a Sanremo 1967 poche ore prima della sua morte), nasce infatti come canzone antimilitarista. Il titolo originale era infatti “Li vidi tornare” e parlava di una ragazza che guardava dei soldati andare al fronte. Considerata “troppo dura” per presentarla al Festival di Sanremo, Tenco ne modificò il testo. La versione definitiva, cantata con Dalidà, ha come tema l’emigrazione. L’unica strofa rimasta uguale è il ritornello.
Il mistero della morte e il vuoto artistico lasciato da Luigi Tenco
Il “Caso Tenco” per alcuni è oggi un mistero irrisolto. Non tutti credono alla tesi del suicidio, nonostante l’artista abbia lasciato un bigliettino per spiegare il suo tragico gesto. Ad esempio c’è chi dice che il bossolo del proiettile trovato (una Beretta) era diverso da quello della pistola di proprietà di Tenco (una Walther PPK comprata per autodifesa). Inoltre Orietta Berti, che vinse l’edizione di Sanremo ’67, con “Io tu e le rose” in una recente intervista al settimanale Oggi ha dichiarato di non credere che Tenco abbia scritto di proprio pugno quel messaggio d’addio (che peraltro citava il suo brano), in quanto “erano presenti degli errori d’ortografia che Tenco non avrebbe di certo fatto”. Nonostante il caso sia stato riaperto due volte (2006 e 2016), entrambe le sentenze hanno comunque rigettato l’ipotesi di omicidio.
L’unica cosa certa è che la morte di quel “ragazzo qualunque” di soli 28 anni, talento innato, che cercò sempre il successo senza mai raggiungerlo veramente e non scese mai a compromessi per non negare se stesso, ha lasciato un vuoto incolmabile nel panorama musicale italiano. Tenco non vide mai la rivoluzione culturale del ’68 e la trasformazione del mondo. Nonostante ciò i suoi brani sono ancora tremendamente attuali. Tenco è stata una fiamma ardente della musica, spentasi purtroppo troppo presto. La sua eredità artistica rimane comunque un tesoro prezioso per ogni cantautore, che mai dovrebbe essere dimenticato. Ciao Luigi Ciao.