Il suo è stato uno speciale dono di Natale, ma significativo perché questa cura potrebbe essere davvero una salvezza per molti malati di Covid. C’è una speranza nuova per le cure di questo terribile virus. E a raccontarlo è una donna di 54 anni Claudia Disi, insegnante romana, prima paziente italiana ad essere stata curata con gli anticorpi monoclonali. Non solo passi in avanti, quindi, con i vaccini, ma la ricerca non si ferma neanche per le cure. E infatti avevamo già raccontato come gli anticorpi monoclonali potessero significare una svolta contro il Coronavirus. E la storia di Claudia lo dimostra. La cura è la stessa utilizzata dall’ex presidente Usa, Donald Trump. Ma la distribuzione di questi farmaci in Italia è arrivata soltanto di recente.

Nella storia di Claudia una cura sperimentale
Contro il Covid una speranza sono i farmaci monoclonali

La storia di Claudia e della sua malattia

Claudia Disi ha raccontato la sua esperienza anche in Tv, e nei giornali in cui è stata intervistata. Affetta da sclerosi multipla e immunodepressa, la storia di Claudia fa riflettere.  Colpita dal Covid-19, ma il virus si era diffuso in una parte bassa dei polmoni, tanto da essere invisibile persino al tampone. Dopo 60 giorni di febbre alta, il ricovero allo Spallanzani di Roma, l’ultima spiaggia sembrava essere proprio questa cura. E infatti i medici hanno chiesto una fornitura di farmaci monoclonali in America.  

Non capivano come mai avessi la febbre – ha detto la donna-. Poi con una broncoscopia si è capito che nella parte bassa del polmone erano rimaste tracce di Covid. Il mio corpo cercava di difendersi, ma non ci riusciva perché ho un problema di difese immunitarie a causa delle terapie per la sclerosi multipla. Il 24 dicembre io ho fatto l’infusione degli anticorpi monoclonali e il 31 dicembre sono uscita dall’ospedale perché ero guarita”.

Il farmaco sperimentale nella storia di Claudia

La fornitura, per uso compassionevole, chiesta ai produttori americani. Il farmaco Regeneron arriva dagli Usa. “In realtà sono due farmaci che vengono uniti e poi viene fatta una flebo, per due ore. In un’unica soluzione – ha raccontato la paziente-. Ho dovuto firmare una liberatoria, perché si trattava di un farmaco sperimentale, ma non ho avuto dubbi. E non ho avuto paura. Ricordo ancora tutto: il mercoledì il farmaco parte dagli Stati Uniti, arriva prima a Londra, infine il giovedì mattina, vigilia di Natale, allo Spallanzani mi viene messa in vena la flebo.

La storia di Claudia Disi guarita dal Covid
La paziente guarita con i farmaci monoclonali – fonte fotografia: pagina Facebook Claudia Disi

Non ho avuto alcun effetto collaterale, ma ho cominciato, subito ad avere sempre più in forza. Mi hanno monitorato per una settimana, ma io stavo davvero bene. E il 31 dicembre, dopo una settimana, la bella notizia: sono uscita, ho trascorso il Capodanno con mio marito e mio figlio di 18 anni. E ho sentito subito il desiderio di ringraziare medici e infermieri, straordinari, non possiamo dimenticarli, danno davvero l’anima”.

Le cure nei pazienti immunodepressi

Le prime cure a cui era stata sottoposta Claudia Disi erano le stesse di quelle somministrate ad altri pazienti. Ma la febbre continuava ad alzarsi e a nulla sembrava servissero quelle cure. Poi la svolta che ha segnato anche una speranza nella storia di Claudia. Le cure per il momento possono essere riservate solo a pazienti con particolari patologie e immunodepressi, come ha anche chiarito il direttore del reparto di Malattie infettive ad alta intensità di cura dello Spallanzani, Emanuele Nicastri.

L’immunodepressione può essere causata dall’uso di farmaci chemioterapici oppure contro malattie autoimmuni o neurologiche. La produzione di anticorpi in questi pazienti è quindi più difficile. “Per questo abbiamo persone che rimangono positive – ha spiegato il medico -, con polmonite e anche con quadri impegnativi, a lungo. In questi casi, sulla base di pochissimi dati di letteratura, abbiamo utilizzato gli anticorpi monoclonali. Non stiamo parlando quindi di trial clinici registrativi per il loro uso”.

Anticorpi monoclonali - due provette con sangue

Claudia e il ringraziamento al personale medico

La donna una volta tornata a casa e guarita ha scritto ai medici dell’ospedale. “Ho avuto paura, non lo nascondo – ha detto la donna -. Questo virus maledetto incute terrore nonostante voi, uomini e donne di scienza, lo abbiate sufficientemente identificato e parzialmente snidato. Non potrò dimenticare Andrea, l’operatore che per primo si prese cura di me quando, in lacrime, la sera del 13 novembre, salutai mio marito e mio figlio e presi possesso del mio letto, il numero 14 (poi diventato 5). E come non citare tutte le infermiere: instancabili, professionali e sempre con il sorriso. Sapete quale è stato, per giorni, il mio cruccio più grande? Quello di temere che, una volta uscita da qui, nel caso avessi incontrato uno di voi, non avrei mai potuto riconoscerne le fattezze. Fa venire questi pensieri la bestia Covid. Perché ci costringe a vivere mascherati, come astronauti”.

Una speranza, quindi, per le cure. Si spera che adesso possano essere autorizzare per un uso generalizzato ai pazienti.

Monoclonali per curare il Covid, la storia di Claudia prima guarita ultima modifica: 2021-03-14T15:18:46+01:00 da Federica Puglisi

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