Il 9 febbraio 2020 l’Ambasciata Italiana ad Atene organizza una cerimonia sul luogo del Monumento ai caduti dell’Oria di fronte all’isola di Patroklos. Nell’occasione saranno piantati i primi alberi di quello che sarà un parco della memoria. Tra i partecipanti, rappresentanze religiose, civili e militari di vari Paesi oltre a Italia e Grecia. Noi vi narreremo dello spirito di generosità e di fratellanza di italiani e greci insieme, e lo faremo dalla voce di alcuni dei protagonisti. Tre uomini che hanno organizzato una spedizione subacquea sul luogo del naufragio dell’Oria per rendere omaggio alle vittime e ai familiari.

Naufragio dell’Oria: la storia

E’ l’11 febbraio del 1944 quando il piroscafo Oria salpa da Rodi. L’imbarcazione – del peso di duemila tonnellate – si dirige verso il Pireo. Oltre 4000 italiani si trovano a bordo, insieme a novanta tedeschi e all’equipaggio norvegese, in circostanze complesse. Infatti si tratta di italiani che si sono rifiutati di aderire al Nazismo. Il piroscafo naviga verso la sua rotta e il cielo sembra metaforicamente mettersi in simbiosi con questa triste circostanza. Inizia una tempesta, le onde si infrangono e sbattono. Il mare ondeggia contro le rocce, c’è solo il rimbombo delle acque sorde. C’è un naufragio. Non sappiamo quali possono esser stati i pensieri di quegli oltre 4000 valorosi a bordo della nave, ma sappiamo che i loro ricordi saranno a breve poggiati su quei fondali.

Zervoudis onora sul monumento le vittime italiane del naufragio
Aristotelis Zervoudis sul Monumento ai caduti dell’Oria

A dirla con versi di Neruda mi verrebbe in mente “si cerchi ciò che il mare ha sfatto con inutile insistenza, ciò che ha rotto e squassato e abbandonato per noi”. E’ il 12 febbraio 1944 e il piroscafo affonda presso Capo Sounion. Si incaglia nei fondali antistanti l’isola di Patroklos e inizia a imbarcare acqua. Le difficili condizioni meteo rendono tardivi i soccorsi, passano oltre due giorni. Dunque, solo il Comandante Rasmussen, il primo ufficiale di macchina, trentasette italiani, sei tedeschi, un greco e cinque uomini dell’equipaggio riescono a salvarsi. Dieci anni dopo, duecentocinquanta corpi saranno trascinati sulla costa e in seguito ospitati presso il Sacrario dei caduti d’Oltremare di Bari. Per tutti gli altri sarà la generosità congiunta di italiani e greci a far sì che si arrivi a ottenere un luogo commemorativo. Una generosità che ha inizio con la collaborazione di tre uomini di cui vi narriamo.

Inaugurazione di un Monumento ai caduti dell’Oria

Il 9 febbraio 2014 è stato inaugurato in Grecia un Monumento ai caduti dell’Oria. “Il memoriale è stata una grande idea e ha convalidato le grandi relazioni tra la nostra gente, cercando di dimenticare le ferite del passato. E’ bello vederlo lì per ricordare alle persone situazioni ed eventi che è difficile capire oggi”- ci dice Aristotelis Zervoudis. Nel giugno 2018 Zervoudis – sub greco – ha ricevuto l’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine della Stella d’Italia per il determinante contributo alla ricerca del naufragio del Piroscafo Oria. “Sebbene durante quella guerra Italia e Grecia fossero nazioni nemiche, il nostro popolo era sempre simile nei comportamenti e negli atteggiamenti e condivideva interessi comuni. Spero che non affronteremo situazioni analoghe in futuro. Personalmente l’Oria mi ha dato una ‘nuova’ famiglia, ho incontrato persone che si rispettano reciprocamente” – continua.

Il Presidente Sergio Mattarella stringe la mano ad Aristotelis Zervoudis sul Monumento ai caduti dell'Oria
Il Presidente Mattarella e Aristotelis Zervoudis

Di parare analogo è Michele Ghirardelli – portavoce della Rete dei familiari dei dispersi – che afferma: “La vicenda della Rete dell’Oria ha dimostrato che esiste ancora (o forse esiste oggi nel mondo globalizzato), un modo forte di sentire, di comunicare, di stare insieme. La cosa che colpisce di più, in una Rete che ormai raccoglie migliaia di persone, è proprio la rapidità e spontaneità con cui si creano legami veri e forti. Magari anche solo comunicando a distanza, o vedendosi poche volte in un anno. Non è retorica dire che si è creata una famiglia. Con un livello di affetto, confidenza, fiducia che a volte non ho nemmeno con persone che frequento ogni giorno”.

De Donno, Zervoudis e Ghirardelli: alla volta di Patroklos

Facendo una ricerca trovai il nome di Aristotelis Zervoudis, il quale aveva rinvenuto il relitto del piroscafo Oria e l’ho contattato”, afferma Luciano De Donno. Ricercatore storico, De Donno – Istruttore federale F.I. P. S. A. S.- ha organizzato e partecipato a numerose spedizioni subacquee. “Zervoudis mi portò a conoscenza di Michele Ghirardelli, esponente della Rete dei familiari dei dispersi in quel naufragio”.

De Donno e Zervoudis nella spedizione subacquea a Patroklos
Luciano De Donno e Aristotelis Zervoudis

“Dopo aver ottenuto i permessi necessari ci siamo recati nel luogo con Aristotelis e lì abbiamo visto gavette, ossa, i resti, oggetti di vita di quelle persone. Ci siamo fermati a 20-25 metri di profondità”. E’ il 2011 quando alle ricerche si unisce Luciano De Donno. Insieme a Michele e Aristotelis è un’esperienza che così ricordano: “Il rapporto con Luciano e Aristotelis è stato il primo indizio di un’esperienza umana insostituibile e unica”, esordisce Ghirardelli.

Zervoudis e il team di sub depongono la bandiera italiana sul relitto del naufragio dell'Oria
Bandiera Italiana deposta in cima al relitto – Foto Facebook di Aristotelis Zervoudis

 “Abbiamo fatto una cosa fuori dall’ordinario, le cui difficoltà sembravano insormontabili sino a pochi minuti prima. Poi, tutto si è incastrato nel luogo giusto e al momento giusto. Se penso a quanto già Luciano e Aristotelis abbiano speso in tempo, denaro, energie, a volte mi sento quasi in colpa. Nessuno di loro due ha coinvolgimenti familiari o istituzionali. Tutto ciò che hanno fatto è per pura generosità”, continua.

Michele Ghirardelli in spedizione con Aristotelis Zervoudis
Aristotelis Zervoudis e Michele Ghirardelli

Infine il ricordo di Zervoudis: “Ricordo i nostri preparativi ancor prima che Luciano e Michele arrivassero ad Atene, le loro emozioni quando eravamo pronti a immergerci. Poiché quelle immersioni sono state le prime ad essere fatte dagli italiani, ricorderò sempre il loro desiderio di far conoscere questa storia al popolo italiano e motivare il Governo. E’ sempre stato molto emozionante, ma l’emozione più grande è stata deporre il piatto sul fondo per onorare i caduti e mettere la bandiera italiana in cima”.

Il naufragio del piroscafo Oria: un volto ai caduti

Ad oggi sono stati ricostruiti volti e vicende di oltre trecento dispersi; per l’esattezza 343 al 31 Gennaio 2020. Ormai il filo della memoria è ricostituito e l’importante è continuare a dipanarlo. Narriamo di almeno uno di loro che possa simbolicamente rappresentarli tutti in questo articolo e chiediamo a Michele chi era suo nonno. “Mio nonno era un ventinovenne. Aveva già assolto il servizio militare nel 1937, ma con l’aggravarsi della situazione bellica fu nuovamente richiamato. Fu reinserito nei reparti del Genio, come “artiere militarizzato”, anche in virtù della sua professione di falegname. Penso che fosse un uomo con pensieri indirizzati a tutto fuorché alla guerra. Mi chiedo ancora come faccia a sorridere in quell’unica foto che lo ritrae, con moglie e figlia, in procinto di partire per il fronte. Forse il vero eroismo è quello”.

Naufragio dell’Oria: Italia e Grecia per il parco della memoria ultima modifica: 2020-02-09T09:00:00+01:00 da Antonella Marchisella

Commenti