Un racconto che è anche una riflessione sulle proprie origini attraverso immagini storiche di grande impatto. Il periodo difficile che da un anno stiamo vivendo non ha fermato la creatività di una regista italiana, Alessia Bottone, che ha ideato e realizzato lo short documentary “La Napoli di mio padre”. Un racconto corale, ricco di emozioni, di ricordi e soprattutto di amore per questa città. La particolarità di questo lavoro è anche l’utilizzo delle immagini. Infatti la regista ha avuto accesso al materiale conservato negli archivi “AAMOD”, dell’“ISTITUTO LUCE CINECITTÀ”, HOME MOVIES e per concessione della FONDAZIONE CINETECA di BOLOGNA. La regista, infatti, nel 2018 è stata tra i finalisti del “Premio Cesare Zavattini” per la realizzazione di progetti di riuso creativo del cinema d’archivio e del “Premio Luzzati” per cortometraggi.

Alessia Bottone con premio
Uno dei riconoscimenti ottenuti dalla regista

Alessia Bottone, il racconto di un viaggio alla ricerca delle proprie origini

Lo short documentary realizzato da Alessia Bottone racconta Napoli attraverso lo sguardo e le parole del padre Giuseppe, che è anche protagonista della pellicola. Il film prende le mosse dai ricordi di Alessia, sua figlia, che vedeva spesso il padre affacciarsi alla finestra. Una domanda si faceva spesso “Cosa fosse in grado di attirare l’attenzione del padre in modo così intenso”. E dopo alcuni anni quando Alessia torna a Napoli si trova ad osservare ancora una volta il padre che guarda il paesaggio intorno. E sarà lui a raccontare la sua Napoli. I ricordi sulla sua infanzia, tra i migranti e la gente del posto.

La locandina della pellicola
La locandina del film ispirato alla storia di suo padre

Il racconto si focalizza anche sul tema della fuga, sulla paura dell’ignoto che accomuna gli emigranti italiani del secolo scorso con la valigia di cartone. Fino ai migranti a bordo dei barconi dei giorni nostri. E qui che Alessia capisce cosa guardasse il padre affacciato alla finestra: i ricordi della sua vita, la sua città. La regista racconta così “il viaggio di una vita” che le permette di conoscere le proprie origini. “Perché per quanto lontano possiamo andare, torniamo sempre là, dove tutto è iniziato”.

La storia di Alessia Bottone tra emigrazione e viaggio

L’idea del film nasce da due esigenze – racconta Alessia Bottone -. Da una parte la necessità di raccontare, in una storia, il rapporto tra padre e figlia; dall’altra la volontà di focalizzarmi sul tema della fuga, intesa dalla realtà ma anche come mezzo di sopravvivenza per i migranti e i richiedenti asilo. Mi sono sempre sentita parte di un Sud che ho conosciuto solo grazie agli aneddoti di mio padre e di un Nord dove sono nata e cresciuta e mi sono chiesta se questa sensazione fosse condivisa anche dai figli dei nuovi migranti.

Film ambientato a Napoli
Tra le immagini d’archivio quelle dell’Istituto Luce

Vivere in un contesto in cui convivono più culture è indubbiamente arricchente, ma trovare una propria identità all’interno di questa ricchezza non è sempre facile”.  La regista ha quindi raccolto i ricordi del padre e attraverso il suo sguardo ha riscoperto un’altra parte di se stessa.

Mi sono dedicata al tema della migrazione – aggiunge – per sintetizzare la mia esperienza sia come giornalista che come dipendente di un centro di accoglienza in Svizzera, dove ho lavorato con persone che vivevano in fuga alla ricerca di un posto nel mondo”. Ne è venuto fuori un dialogo silenzioso tra viandanti, che “custodiscono gelosamente il loro passato pur combattendo l’ambiziosa battaglia dell’accettazione e dell’integrazione in una nuova terra”.

L’utilizzo degli archivi storici per recuperare le immagini

La bellezza di questo lavoro, come spiega Alessia Bottone, è nell’utilizzo delle immagini. “Il tema è affrontato grazie alle immagini degli sbarchi di migranti albanesi del 1991 dell’Archivio Aamod – spiega la regista -. Da un punto di vista narrativo, mi sono ispirata al racconto “Un paio di occhiali” di Anna Maria Ortese.

La voce narrante di Giuseppe ci accompagna in una Napoli che non esiste più ma continua a vivere nei suoi ricordi. Le immagini di archivio danno forma al suo viaggio nel passato, accompagnando lo spettatore in una dimensione onirica. Grazie alla partecipazione al Premio Zavattini, ho compreso la forza delle immagini di archivio e la loro vitalità ed è come se mi avessero suggerito che quella era l’unica strada da percorrere per raccontare il viaggio di una vita. La ricerca delle immagini e il loro studio, che si muoveva di pari passo con la ricostruzione dei ricordi, hanno reso la realizzazione di questo film il viaggio stesso che volevo raccontare”.

Alessia Bottone durante una premiazione
La regista ha partecipato a molti festival ed ha ricevuto diversi premi

“La Napoli di mio padre” dal 18 al 24 gennaio sarà in Francia, al FIPA DOC International Festival di Biarritz (solo due cortometraggi selezionati). E sarà una premiere francese di grande importanza. Il lavoro di Alessia Bottone sta partecipando a diversi festival e ha già ricevuto importanti riconoscimenti.

Note tecniche sul film

Protagonisti della pellicola di Alessia Bottone sono Valentina Bellè, che interpreta la regista, e Giuseppe Bottone, padre di Alessia. Il film è prodotto da Alessia Bottone in collaborazione con “Archivio audiovisivo” del Movimento operaio e democratico, Istituto Luce e K-Studio.

“La Napoli di mio padre” il racconto della regista Alessia Bottone ultima modifica: 2021-01-05T10:17:30+01:00 da Federica Puglisi

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