Sant’Agata, patrona di Catania (e non solo), è una delle sante martiri più amate e celebrate della Chiesa cattolica. Nata e vissuta nel III secolo d.C. nella città etnea, è venerata in tutta Italia e anche all’estero, ad esempio a Malta. Ogni anno dal 3 al 5 febbraio (giorno della sua morte), a Catania viene organizzata la Festa di Sant’Agata, per celebrare la loro santuzza, a cui ogni abitante della città è molto devoto. In questa occasione viene portato in processione un fercolo d’argento che custodisce le reliquie di Sant’Agata. La sua vita è stata segnata da atroci sofferenze, ma anche da grande forza di spirito, che non le fece mai abbandonare la propria fede, anche di fronte alla morte.

Storia di Sant’Agata

Nonostante l’8 settembre sia considerato il giorno di nascita di Sant’Agata non esistono fonti storiche che riportino questa data con esattezza. Altre fonti accreditate collocherebbero invece l’anno di nascita, tra il 229 e il 235 d.C. La giovane Agata, nata da nobile famiglia catanese di fede cristiana, all’età di 15 anni espose al Vescovo di Catania la sua volontà di consacrarsi a Dio. Accolta la richiesta durante la velatio, la giovane indossò la tunica bianca e il velo rosso (flammeum), come da usanza per le vergini consacrate. Nel 249 d.C. l’imperatore romano Decio ordinò la persecuzione dei cristiani che non volessero ripudiare pubblicamente la propria fede, inviando il prefetto Quinziano a Catania, affinché eseguisse l’ordine. Agata si rifugiò a Galermo (quartiere di Catania, oggi San Giovanni Galermo) con la famiglia, ma una volta trovata dai soldati romani, venne riportata in città.

San Pietro appare a Sant'Agata in carcere (Giovanni Lanfranco) - Galleria nazionale di Parma
San Pietro appare a Sant’Agata in carcere (Giovanni Lanfranco) – Galleria nazionale di Parma

Quinziano, trovandosi di fronte la giovane vergine, se ne invaghì immediatamente. Agata resistette agli approcci di Quinziano, anche quando il prefetto la mise nelle mani della cortigiana Afrodisia, affinché la iniziasse ai piaceri terreni. Dopo un mese di vani tentativi, Afrodisia la riconsegnò a Quinziano. Stufo della ragazza, quest’ultimo iniziò un processo corredato da atroci torture, che più che piegare Agata, ne rafforzavano lo spirito e la fede in Dio. Quinziano fece strappare i seni della giovane con delle tenaglie (l’iconografica cristiana mostra infatti Agata che tiene in un piatto i propri seni e delle pinze). Ricondotta in cella, le apparve San Pietro che guarì le sue ferite Sant’Agata venne quindi condannata al rogo, ma un terremoto ne interruppe l’esecuzione. Poco dopo, Sant’Agata morì martire in carcere, era il 5 febbraio 251 d.C.

Palermo o Catania?

Nonostante oggi non ci siano dubbi sulle origini catanesi di Sant’Agata, nacque una controversia legata proprio al luogo di nascita della santa. Ganormus (o Galermus) è infatti molto simile a Panormus (o Palermus). Questo fece pensare ad un errore di traslitterazione tra la G e la P, la versione corretta è quella che riguarda Galermo. Secondo alcune fonti, inoltre, Sant’Agata si rifugiò a Palermo per sfuggire a Quinziano, ma venne comunque trovata. Secondo la leggenda, prima di uscire dalla città si fermò ad allacciarsi un calzare e lì lasciò la sua impronta su una pietra. In quel punto esatto, oggi Porta Sant’Agata, i palermitani fecero erigere una chiesa in onore della vergine catanese.

Porta Sant'Agata a Palermo.
Porta Sant’Agata – Foto: © Effems – Wikimedia Commons (CC BY 4.0)

Culto a Malta

Oltre ad essere patrona di Catania, Sant’Agata è anche patrona di Malta. Sempre durante la persecuzione dell’imperatore Decio, secondo alcune fonti, Agata scappò per un breve periodo sull’isola di Malta, rifugiandosi in una grotta a Rabat. Lì la vergine insegnò la fede cristiana ai bambini. Quella grotta divenne poi una cripta e fu denominata “Cappella di Sant’Agata”. La cripta, adornata di affreschi di età bizantina, è oggi è uno dei luoghi di culto più visitati di Malta.

Sant’Agata a Gallipoli e Galatina

La storia della vergine Agata si intreccia anche con la città di Gallipoli. A differenza di Palermo o Malta, Agata non passò mai dalla città pugliese, ma questa storia riguarda le sue reliquie. Nel 1040, dopo un “incidente diplomatico” con un membro della casa imperiale di Costantinopoli, Giorgio Maniace, generale dell’esercito bizantino durante la spedizione in Sicilia, trafugò le reliquie di Sant’Agata da Catania e le portò a Costantinopoli. 86 anni dopo, i soldati bizantini Gisliberto e Goselmo (di origine francese e pugliese) riuscirono a rubare le reliquie per riportarle a Catania.

Leggenda narra che fu la stessa Santa ad apparire in sogno ai due affinché i suoi resti tornassero in patria. Durante il viaggio da Costantinopoli alla città etnea, la nave si fermò in Puglia, dove i due lasciarono una reliquia (uno dei seni di Sant’Agata). La vergine di Catania apparve in sogno ad una donna di Gallipoli, dicendo che il figlio stringeva qualcosa tra le labbra. Svegliatasi vide che ciò era vero, ma non riuscì a fargli aprire la bocca. Disperata andò dal vescovo e soltanto quando venne pronunciato il nome di Sant’Agata il bimbo aprì la bocca, dal quale venne fuori il seno della santa. Questa reliquia rimase a Gallipoli dal 1126 al 1389, quando venne portata a Galatina (dov’è tutt’ora conservata).

Reliquia della mammella di Sant'Agata a Galatina
Foto: © Circolo Cittadino S.Agata (pagina Facebook)

Miracoli

Sono molti i miracoli associati a Sant’Agata a Catania. La vergine salvò infatti più volte la città dai fiumi di lava dell’Etna, dal terremoto dalla peste, ma anche dall’assedio dei Mori e di Federico II di Svevia. Il primo miracolo risale già ad un anno dopo la sua morte, nel 252 d.C., fermando l’eruzione dell’Etna. A questo miracolo ne sono seguiti altri 14 dello stesso tipo (l’ultimo nel 1886). In ogni occasione, per fermare la lava, i catanesi hanno portato in processione il velo di Sant’Agata. Nel 1576 e nel 1743 Catania fu colpita per due volte dalla peste. La piaga cessò soltanto dopo la processione per le vie della città con le reliquie della Santa.

Minni di Sant’Agata

Come spesso accade, ai santi non vengono dedicate chiese o festività o città, ma anche dolci (legati soprattutto ai giorni di festa). È questo il caso delle “minne di Sant’Aita” (minne di Sant’Agata), delle cassatine tipiche di Catania, che ricordano proprio i seni strappati alla santa durante il suo martirio. Dolce dalla forma semisferica, fatto di pastafrolla con ripieno di ricotta, canditi, gocce di cioccolato e ricoperto da una glassa bianca e una ciliegia candita, questa specialità è stata pure citata ne “Il Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, come profana caricatura di Sant’Agata. Fortunatamente il Sant’Uffizio (per citare sempre Tomasi di Lampedusa) non le ha mai proibite ed oggi si possono trovare in ogni pasticceria di Catania, non solo in occasione della festa di Sant’Agata, ma tutto l’anno.

Minne di Sant'Agata
Foto: © Stefano Mortellaro from Catania – Wikimedia Commons (CC BY 2.0)

Quello di Sant’Agata è un culto molto lontano, duraturo nonostante il passare dei secoli. La vergine che non rinunciò mai a Dio, anche di fronte ad atroci sofferenze, è il segno di come la fede riesca a vincere su tutto e far sopportare anche il più atroce dei dolori. Non bisogna stupirsi se i catanesi (e non solo) amino così tanto la loro santuzza, che più volte salvò la città da possibili tragedie. Viva Catania e Sant’Agata, la giovane con lo spirito più forte della lava dell’Etna.

Sant’Agata, la santuzza catanese: storia e curiosità ultima modifica: 2022-02-03T09:00:00+01:00 da Antonello Ciccarello

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