Napoli, serata del 22 marzo 1771.

Muore il personaggio più misterioso del Settecento italiano. C’è chi giura che ancora oggi, a distanza di quasi duecentocinquanta anni dalla sua morte, quando si pronuncia il suo nome bisogni farsi il segno della croce per scacciar via il timore che le azioni deprecabili di quest’uomo incutono tutt’ora.

Alla scoperta di uno dei luoghi più misteriosi e ricchi d’arte di Napoli

La sua lapide lo ricorda così: “Uomo straordinario predisposto a tutte le cose che osava intraprendere […] celebre indagatore dei più reconditi misteri della Natura”. Filosofo, astronomo, poeta, scrittore, inventore, mago, scienziato, alchimista. Un precursore dei tempi, uno scienziato pazzo, un genio, uno stregone malvagio. Una figura controversa: visto dal popolo come uno uomo senza scrupoli, disposto a compiere gesti diabolici e ad utilizzare la povera gente come cavia per i suoi esperimenti, oggi la storia lo ricorda come un intellettuale ossessionato dalla ricerca dell’immortalità attraverso prodigiose scoperte scientifiche e artistiche.

Si parla di Raimondo di Sangro, principe di Sansevero e primo Gran Maestro della Massoneria napoletana. Di colui che ha regalato al mondo la celebre Cappella Sansevero, custode dell’ancor più celebre Cristo Velato e di altri capolavori degni di rappresentare un’eccellenza dell’arte napoletana e non solo.

Proprio nella Cappella Sansevero si fondono le numerose anime del Principe. Il risultato è un piccolo gioiello barocco: affreschi -i cui colori si sono conservati straordinariamente vivi- statue, stucchi, marmi e oro. Ogni cosa ha un suo preciso significato, un messaggio rimasto immutato nel tempo, ed è questo che la rende un luogo enigmatico che rapisce gli occhi e l’anima di chiunque vi metta piede.

I capolavori della Cappella Sansevero

Cappella Sansevero - Il Cristo Velato
Il Cristo Velato, opera principale della Cappella Sansevero

Entrando, il Cristo Velato è la prima opera che cattura la vista. Il Principe chiese a Giuseppe Sanmartino, un giovane artista napoletano, di realizzare “una statua di marmo scolpita a grandezza naturale, rappresentante Nostro Signore Gesù Cristo morto, coperto da un sudario trasparente realizzato dallo stesso blocco della statua”. Il risultato fu straordinario: il velo ha un aspetto così realistico da aver alimentato, nei secoli, numerose leggende sul modo in cui possa essere stato ottenuto un effetto così delicato ed elegante. Molti, infatti, ritennero che la sua trasparenza fosse il risultato di un processo alchemico di “marmorizzazione” compiuto dal Principe in persona.

Cappella Sansevero - Il Cristo Velato
Le statue del Disinganno e della Pudicizia

Le altre due statue – la Pudicizia e il Disinganno – sono state commissionate dal Principe in memoria dei genitori: la madre scomparve prematuramente a neanche un anno d’età del proprio figlio e il padre, rimasto vedovo, affidò il piccolo al nonno.

La prima raffigura una donna nuda, coperta soltanto da un velo – in riferimento alla velata dea massonica Iside – e appoggiata ad una lapide spezzata; la simbologia è importante: la lapide rappresenta non solo la morte precoce della “incomparabile madre” Cecilia Gaetani, ma anche il sogno di tanti alchimisti e dal quale Raimondo era ossessionato, quello di sconfiggere la morte creando un elisir di lunga vita.

La statua del Disinganno è altrettanto suggestiva e rappresenta un uomo che lotta per liberarsi da una rete: è l’invito a svincolarsi da tutti i preconcetti per meglio comprendere i segreti alchemici ed esoterici, elevandosi ad un livello spirituale superiore. Anche qui l’occhio è colpito dal modo in cui la rete avviluppa il corpo e tuttavia non si fonde con esso.

L’Appartamento della Fenice

cappella Sansevero - le Macchine Anatomiche
Le Macchine Anatomiche nell’Appartamento della Fenice

Per ultimo, ma non meno importante, bisogna assolutamente visitare l’Appartamento della Fenice, una cripta ovale alla quale si accede da una ripida scala a chiocciola. Al suo interno, magnifiche quanto terrificanti, vere e proprie Macchine Anatomiche. Si tratta dei corpi di un uomo e di una donna letteralmente disseccati, lasciando intatte vene e arterie. Oggi, dopo più di due secoli, non è stato ancora accertato il procedimento mediante il quale il Principe, affiancato dal medico palermitano Giuseppe Salerno, sia stato in grado di cristallizzare l’intero apparato circolatorio delle due cavie: si sospetta siano state sottoposte all’esperimento quando erano ancora in vita. Ancor più impressionante è che la donna fosse incinta, riscontrabile dai resti di un feto ai suoi piedi. Si narra che il principe rapisse i poveri che vagabondavano per i vicoli di Napoli o, come supposto in questo caso, i servi che lavoravano a palazzo per usarli come cavie. Risulta difficile tracciare, nonostante tanto tempo sia trascorso, il profilo di un individuo che sembra un bizzarro miscuglio composto dal genio di Leonardo e dal frenetico desiderio di sconfiggere la morte di un vero dottor Frankenstein.

Ciò che però è certo è che entrando in questo spazio ristretto e stracolmo di opere d’arte si ha la sensazione di essere quasi assaliti dalla bellezza, una bellezza cui non si può sfuggire. Le opere visibili all’interno della Cappella non si limitano a regalare un piacere estetico, ma fanno leva su un più intenso livello di emozione: la meraviglia.

Meraviglia che regala una perfetta fusione tra abilità artistica e ricerca scientifica, esoterismo e leggenda. E che forse ha regalato al Principe di Sansevero e all’opera a cui ha dedicato la vita, che ora ha centinaia di migliaia di visitatori l’anno, l’immortalità tanto agognata.

La Cappella Sansevero: storia, arte e magia ultima modifica: 2018-05-10T09:30:31+02:00 da Maria Elena Saporito

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