Enrico Caruso, uno dei più grandi tenori italiani di tutti i tempi. L’artista nasce il 25 febbraio 1873 a Napoli, nel quartiere di San Carlo all’Arena da genitori di umili origini. Il padre, Marcellino Caruso (1840–1908) è un operaio metalmeccanico, mentre la madre, Anna Baldini (1838–1888) è una donna delle pulizie. Grazie all’insistenza della madre si iscrive a una scuola serale; le prime arie d’opera e le prime nozioni di canto gli vengono insegnate dai maestri Schirardi e De Lutio.

Enrico Caruso

 Nel 1894 è chiamato alle armi, ma dopo solo un mese e mezzo è congedato e inviato a casa in modo che possa continuare a cantare e a studiare. Esordisce il 15 marzo 1895 in L’amico Francesco di Mario Morelli, guadagna 80 lire per quattro rappresentazioni, poi ridotte a due (15 e 20 marzo) a causa dello scarso afflusso di pubblico, nonostante le critiche positive. La rappresentazione non è un trionfo, ma per la prima volta i giornali parlano di Caruso, assieme al baritono Achille Ciabò, al soprano Maria Belvetti. E all’impresario Carlo Ferrara e all’agente teatrale Ciccio Zucchi. Nel 1895 interpreta Turiddu nella “Cavalleria Rusticana” al Teatro Cimarosa a Caserta.

Il grande tenore Enrico Caruso in una foto d'epoca
Il grande tenore Enrico Caruso in una foto d’epoca

Inizia a esibirsi nei teatri di Caserta, Napoli e Salerno; fa la sua prima esibizione all’estero al Cairo, dove guadagna 600 lire per un mese di lavoro. Nel 1896 conosce Vincenzo Lombardi, il maestro di canto grazie al quale diventa un grande tenore. Vincenzo Lombardi che è anche direttore di orchestra, gli propone di accompagnarlo nella stagione estiva a Livorno. Qui Caruso conosce il soprano Ada Botti Giachetti sposata e madre di un bambino. Con lei ha una relazione che dura undici anni e da cui nascono due figli: Rodolfo (1898–1951) ed Enrico junior (1094-1987). Ada poi lo lascia per fuggire con Romati, il loro autista, con il quale cerca anche di estorcergli del denaro. La vicenda finisce in un’aula di tribunale la Giachetti, riconosciuta colpevole è condannata a tre mesi di reclusione e a 100 lire di multa.

Una carriera irripetibile, un successo planetario

Nel 1897 Caruso esordisce al Teatro Lirico di Milano nel ruolo di Federico ne L’Arlesiana di Francesco Cilea. Il famoso Lamento di Federico ottiene un grande successo. Poi è Loris in Fedora di Umberto Giordano; seguono tournée in Russia, a Lisbona, a Roma a a Montecarlo e al Covent Garden di Londra, dove interpreta il Rigoletto di Giuseppe Verdi. E, ancora, l’anno dopo si esibisce a Buenos Aires. Il 16 maggio 1897, in occasione dell’inaugurazione del Teatro Massimo di Palermo, si cimenta nel Falstaff di Verdi. È il luglio del 1899 quando interpreta Rodolfo, nella prima rappresentazione nel Royal Opera House Covent Garden di Londra de La Bohème di Giacomo Puccini. La sua brillante carriera procede a gran ritmo costellata di grandi successi: nel novembre 1899, al Teatro Costanzi di Roma, interpreta Osaka nella ripresa di Iris di Pietro Mascagni; veste i panni di Enzo ne La Gioconda di Amilcare Ponchielli e Faust in Mefistofele.

Caruso canta nuovamente alla Scala nella ripresa de La Bohème, durante la serata inaugurale della stagione lirica, diretta da Arturo Toscanini nel dicembre del 1900. E nel 1901, è a Napoli al Teatro San Carlo, con un compenso di 3.000 lire a recita. Le cronache del 31 dicembre 1901 e del 5 gennaio 1902 su Il Pungolo, il quotidiano che seguiva la vita teatrale di Napoli, riportano l’emozione del tenore nel primo atto. Una commozione rotta dagli applausi crescenti fino alla richiesta del bis.

Tuttavia la severa critica di Saverio Procida, sempre su Il Pungolo, infastidisce fortemente Caruso. Ciò, in quanto il critico gli rimprovera la scelta di un repertorio al di sotto delle sue possibilità vocali e interpretative. Caruso da allora, non canta più né a Napoli, né in nessun altro teatro in Italia. In compenso avvia con successo delle tournée negli Stati Uniti e in Sudamerica.

La produzione discografica

L’11 aprile del 1902 a Milano, Caruso incide dieci dischi con arie d’opera per conto della casa discografica inglese Gramophone & Typewriter Company. L’artista napoletano è il primo a cimentarsi con grande successo nella nuova tecnologia fino ad allora snobbata dagli altri cantanti. È il primo artista nella storia a vendere più di un milione di dischi con l’aria Vesti la giubba dall’opera Pagliacci, incisa negli Stati Uniti nel 1904 e 1907 e per l’etichetta Victor.

Il singolo della Victrola nella versione di Caruso è premiato con il Grammy Hall of Fame Award. Tra il 1909 e il 1911 Caruso incide anche una serie di ventidue canzoni napoletane che comprendeva anche Core ‘ngrato, scritta da Riccardo Cordiferro e da Salvatore Cardillo, ispirata alle sue vicende sentimentali.

Sempre nel 1909 è operato a Milano per una laringite ipertrofica, intervento che in un primo momento non compromette la sua carriera, tanto da consentirgli di continuare le sue tournée per il mondo, senza trascurare recite per beneficenza durante il periodo della guerra.

disco enrico caruso

Dopo una lunga tournée in Nordamerica, nel 1920, la salute del tenore inizia a peggiorare. L’11 dicembre, il tenore è colpito da una forte emorragia dalla gola; il 24 dicembre fa la sua ultima apparizione con Eléazar in La Juive. Il giorno di Natale, il dolore si fa insostenibile e gli viene diagnosticata una pleurite infetta.

La malattia e la morte

Operato il 30 dicembre al polmone sinistro, trascorre la convalescenza in Italia, a Sorrento. Qui purtroppo si sviluppa un ascesso subfrenico. Il primo giovane medico contattato non si assume la responsabilità di inciderlo, dicendogli “non mi sento all’altezza di mettere le mani su Caruso!”. Quando giunge finalmente il professor Antonio Cardarelli da Roma, decide che il tenore va operato d’urgenza. Ma l’ospedale di Napoli non era abbastanza attrezzato e l’artista andava dunque trasferito a Roma. Trasportato da Sorrento a Napoli, nel tentativo di raggiungere Roma, Caruso muore il 2 agosto 1921 all’età di 48 anni. È sepolto a Napoli, in una cappella privata nel cimitero di Santa Maria del Pianto in via Nuova del Campo. A pochi metri dalla sua tomba riposa il principe Antonio de Curtis, il grande Totò.

(Immagini Commons Wikimedia pubblico dominio)

Enrico Caruso, uno dei più grandi tenori di tutti i tempi ultima modifica: 2023-02-25T15:30:00+01:00 da Redazione

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