Oggi parliamo di rabbia. Lo facciamo con Luigi Sorrentino, psicologo e psicoterapeuta, esperto in problemi relazionali, con cui avevamo già approfondito il tema della solitudine dei bambini in questo periodo di emergenza covid. Quante volte vi capita di arrabbiarvi in una giornata? Nel traffico, per il collega menefreghista, la vicina impicciona, la suocera rompiscatole, il partner che non vi comprende, le difficoltà economiche? La lista potrebbe allungarsi all’infinito. Le pressioni di questo periodo facilmente si riversano sul nostro stato emotivo. I nostri nervi sono sotto pressione. Può capitare anche che la paura faccia montare la rabbia. Ebbene sì, la rabbia è un insieme di emozioni che proprio come la panna gonfiano fino a farci esplodere. Il dottore Sorrentino ci spiega che la dimensione della nostra rabbia dipende dall‘interpretazione cognitiva. In altre parole, a ciò che pensiamo quando ci arrabbiamo. Il rapporto è quello di causa/effetto. Ma davanti a una stessa causa non tutti reagiamo allo stesso modo. La risposta è, infatti, emotiva. Rapportata a quella che si considera come una provocazione. Avete mai provato a parlare con una persona arrabbiata? Non è per niente facile. Specie se quella persona diventa aggressiva, esprime la propria rabbia in modo eccessivo.
La rabbia, come comunicare
Scegliere la modalità assertiva, vale a dire aperta, di comprensione e senza giudizio. Ma da cosa nasce la rabbia? Sorrentino ritiene che alla base – come confermato anche da studi scientifici – ci sia “il forte senso di frustrazione e costrizione“. Lo psicologo ha spiegato a italiani.it che “esiste una aggressività diretta e indiretta”. Quest’ultima la individuiamo in quelle persone che “tengono il broncio, sono dispettosi”. Quei comportamenti che facilmente possono essere interpretati come provocazioni a volte anche sottili.
Quale può essere il consiglio?
Secondo il parere del nostro esperto, “non dobbiamo sfogare la rabbia, piuttosto imparare a esprimerci e a respirare. Avremo infatti notato che, tutte le volte che ci arrabbiamo, tratteniamo il respiro. Ecco perché col tempo hanno preso piede tutte quelle discipline orientali che portano a sviluppare l’intelligenza emotiva. Bisogna anche imparare a non soffocare le passioni. Questo eviterà l’accumulo di tensioni. Altrimenti creeremo modelli familiari e sociali tossici di gente che si sfoga continuamente sugli altri anziché capirsi o comprendersi. La parola chiave è la calma. Comunicare con tranquillità. Ecco perché è molto importante la meditazione e il lavoro sull’intelligenza emotiva oltre che cognitiva. Quando siamo rilassati, stiamo bene, siamo sicuri di noi, non ci scalfisce nessun attacco alla nostra autostima o alla sfera intima”.
Quando parliamo di rabbia cieca
“La rabbia – commenta Sorrentino – è paragonabile alla cecità. Ascoltiamo uno dei tanti io dentro di noi, quello arrabbiato, cieco. Quando passa la sfuriata, poi, ci rendiamo conto che la ragione era da un’altra parte”. “Le teorie freudiane – continua lo psicologo – dicevano che la rabbia andava sfogata. In realtà, non è così. Sfogarla tende a consolidarla. Bisognerebbe, invece, contrastarla con l’assertività e diventare consapevoli che le persone a volte sono “cieche” ma non lo fanno apposta. Ed evitare soprattutto di covare risentimento”.
La rabbia serve a predisporre all’attacco o alla fuga. Perché?
“La rabbia – sottolinea Sorrentino – è un’emozione e spesso nasconde la paura. Potrà sembrare strano, ma il coraggio non esiste in natura. Proprio come gli animali anche gli uomini davanti a una minaccia scappano o attaccano. Il problema, però, è che viviamo in una società di reattivi. La gente sta sempre sulla difensiva e attacca. La rabbia è un veleno col quale vorremmo uccidere il nostro nemico ma il realtà siamo noi a ingerirlo”.
Qual è allora la giusta soluzione?
Sorrentino consiglia: “bisogna essere recettivi. Accogliere gli altri con il loro difetti. Sentire compassione verso chi nella vita non ha ancora trovato la nostra stessa serenità. E’ sicuramente positivo evitare di relazionarsi con gli altri quando si è arrabbiati ma non va bene come strategie a lungo termine. E’, invece, necessario uno sforzo attivo per risolvere le questione ma anche trovare la via per esprimere la propria natura e le proprie predisposizioni. Quando una persona sta bene si arrabbia molto meno e comprende di più gli altri. La soluzione vincente è l’assertività”.
Possiamo dire che chi si arrabbia sia poco intelligente?
“No. Molte volte – sottolinea Sorrentino – sono le questioni ambientali o di forma a generarla. Una persona rilassata nel traffico della metropoli dopo un po’ tenderà ad arrabbiarsi anche se l’ha fatto poche volte nella sua vita. O ancora, a volte è il malessere fisico che ci fa essere più irritabili o la tendenza ad accontentare sempre gli altri andando contro sé stessi. Altre invece è quello psicologico. La depressione, la tristezza aprono la via alla rabbia. Non dimentichiamo che spesso gli adolescenti esprimono con la rabbia il loro disagio”.
Cosa fare allora?
“Imparare a sapere dire di no. La rabbia, come sosteneva Wilhelm Reich (psicoanalista austriaco allievo di Freud, ndr) è un’emozione secondaria rispetto alla frustrazione. Coltivare sé stessi ci permetterà di essere aperti gli altri e donare compassione, per evitare di dirottare la rabbia verso persone che non centrano nulla o addirittura contro sé stessi con forme di autolesionismo”.
Con la rabbia e l’aggressività spesso si ottiene di più?
“Bisogna ammettere che purtroppo a volte è vero”, afferma Sorrentino. “Ma alla lunga questa non è una strategia vincente perché dopo un po’ le persone si allontanano. Con l’età dovremmo cominciare a capire cosa ci irrita negli altri. L’amara sorpresa è quando a volte capiamo che a farci arrabbiare sono comportamenti degli altri simili ai nostri”.
In conclusione
“In tutti questi anni di terapie individuali e di coppia – indica Sorrentino – il tema della rabbia e dell’aggressività è stato quasi sempre presente. Il problema è che quando ci si sente dalla parte della ragione, si pensa di essere in diritto di prevaricare e adottare comportamenti prepotenti nei confronti di chi si ritiene sia in torto. La bellezza è la cosa più vicina alla verità o alla ragione. Dov’è la bellezza nella trattare male gli altri esseri umani solo nel nome della ragione? Chi più chi meno lo facciamo tutti, ecco perché ribadisco che non dovremmo sentirci buoni e giusti ma cattivi, pettegoli e a volte disumani. Come molti di voi sapranno Socrate sosteneva che non vi è più alta forma di saggezza che il sapere di non sapere, cioè dubitare. Si va nel deserto per perdersi, non per ritrovarsi. Quando cominceremo a dubitare dei castelli di certezze che ci siamo costruiti, allora forse, un giorno avremo una capanna confortevole, calda e piena d’amore.