Nelle scorse settimane ci ha lasciati a soli sessant’anni, in modo altrettanto discreto e silenzioso di come aveva vissuto, il maestro Alessandro Ravi, compositore, polistrumentista, studioso della musica etrusca, percussionista sperimentatore e, soprattutto, inventore visionario di strumenti e di nuove tecniche sonore.
Nato nel 1960, Ravi esordisce nel 1992 con un disco che ha fatto la storia della musica sperimentale in Italia, L’offerta dell’acqua, pubblicato a Milano dall’avanguardistica casa DDD nella collana “Strumento”. Si tratta, probabilmente, della prima opera in Italia in cui le percussioni conducono, come primo strumento, l’orchestrazione di una fitta e articolatissima trama narrativa declinata secondo precisi schemi matematici. La lavorazione del disco incontrò, infatti, non poche difficoltà, dovute alla complessità delle composizioni, che sottoposero a uno sforzo cognitivo eccezionale i musicisti coinvolti, nonostante fossero questi i migliori interpreti disponibili sulla scena musicale: Ares Tavolazzi ai bassi, Mauro Pagani ai violini, Riccardo Zappa alle chitarre acustiche, Giorgio Cocilovo alle chitarre elettriche e, appunto, Alessandro Ravi alle percussioni.
Elettronica, rock e musica moderna
Alcuni critici accostarono il lavoro di Ravi alle sperimentazioni di Peter Gabriel realizzate in Passion, il primo album uscito per la Real World. C’è però grande differenza tra Ravi e Gabriel. Quest’ultimo ha infatti il merito di aver codificato la “world music”, coniugando all’elettronica, al rock e alla musica moderna occidentale le varie tradizioni etniche esotiche, con il merito incontestabile di aver dato il via a un movimento di divulgazione senza precedenti di tradizioni pressoché sconosciute alla nostra cultura, come il canto qawwali, la “ballata” malgascia, il misticismo arabo preislamico.
Il lavoro solitario di Ravi è stato invece svolto nell’ombra, seppur più tecnico, certosino, esoterico: riservato ai musicisti invece che al pubblico. In un articolo del 2002 il più autorevole magazine di settore, “Percussioni”, definiva Ravi inventore integrale, presentando le sue innovative percussioni a base quadrata, le WooDrum, tenute a battesimo da Tony Esposito nel 2001, come frutto di un’intuizione geniale. Ravi, infatti, durante venticinque anni di studio nella sua scuola/laboratorio immersa nella macchia della Maremma, mise a punto e realizzò la versione Woo in legno di ciascuno degli strumenti a percussione conosciuti, dalla conga al bongo, dalle tablas al djembé e così via, portando alla luce sonorità del tutto nuove che il critico Giorgio Borghini definì avvolgenti e inusitate. Ravi, che per molti anni, si dedicò allo studio maniacale dei pochi documenti disponibili e all’analisi minuziosa delle raffigurazioni funerarie appartenenti alla cultura preromana del Tirreno, riuscì anche a riprodurre con l’utilizzo dell’informatica e dell’elettronica, quelle che, a suo giudizio, possono ritenersi le sonorità più avvicinabili alla musica etrusca.
Alessandro Ravi, che è stato anche autore di centinaia di colonne sonore per documentari e decine di brani per il teatro (in particolare, danza moderna e balletto), ci lascia un patrimonio inestimabile di studi sulle tecnologie dei nostri antenati, oltre a una serie di innovazioni tecniche uniche e irripetibili. Il suo lavoro ci ricorda altresì come in seno alle civiltà italiche siano conservati gli archetipi della musica nel Mediterraneo: è soprattutto in virtù di ciò che quella della percussione è una scuola musicale che italiani.it si propone di salvaguardare e diffondere.
Alessandro Ravi – discografia essenziale
– L’offerta dell’acqua (1992, DDD)
– Il mondo nuovo (1993, Giano Geminus)
– Diario di una mente sospesa (1995, Giano Geminus – elettronica su studio delle sonorità etrusche)
– Oltre il buio (1998, Giano Geminus)
– La frontiera invisibile (2000, Giano Geminus)
– Hidden Archeology (2017, Beata Beatrix)