Una buona notizia, dentro una buona notizia, dentro un’altra buona notizia.
Per la prima a volta una paziente guarisce da coronavirus grazie alla terapia sperimentale che impiega il plasma di pazienti convalescenti. Dentro questa buona notizia eccone un’altra, che ci fa sentire bene e accresce – se mai fosse necessario – la fiducia che sentiamo per le mani esperte che ci soccorrono: la donna è italiana e ed è stata presa in carico e curata dal personale dell’ospedale Poma di Mantova. È scontato, ripetitivo, dirci orgogliosi della nostra sanità, ma è bene insistere perché quando tutto questo sarà passato, e presto lo sarà, dovremo portare con noi questa certezza, specie quando in coda per un ticket o delusi per l’attardarsi di una visita torneremo a da dire peste e corna proprio di coloro che oggi siamo vicini a santificare. Siamo un popolo pieno di genio, ma delle volte vuoto di memoria.
Ma torniamo al punto. E il punto, stupefacente, è che anche questa seconda buona notizia ne porta in seno un’altra. Sì, perché Pamela, la donna guarita, nel corso della sua degenza era sì isolata (come per protocollo lo sono tutti i pazienti COVID) ma non era sola. Durante i giorni dello spavento, e poi della speranza e poi dalla gioia, Pamela aveva con sé – dentro di sé – un’altra persona.
“La cosa più importante è tornare a casa con lei” ha dichiarato quand’è finito lo spavento, “La bimba si chiamerà Beatrice Vittoria. Perché abbiamo vinto questa battaglia.”
Sono bastate due sacche di plasma immune a fare uscire Pamela dalla paura.
Ma Pamela ha ventotto anni. È giovane. E quanto le è successo non fa letteratura. Ogni caso risponde a modo suo e non è momento di gridare a soluzioni definitive. Non esiste bibliografia che certifichi casi analoghi al suo al mondo. E questo ci rende fieri del primato, ma anche prudenti. La speranza è grande. Ma di pari passo la cautela. E la fiducia in chi ci cura.
Ricoverata il 9 aprile, Pamela il 10 ha avuto un peggioramento che ha imposto il trasferimento in Pneumologia con monitoraggio ininterrotto della piccola.
“Per proteggere il feto abbiamo evitato di ricorrere alla ventilazione assistita. Il vantaggio di una rapida guarigione consente di non mantenere il bambino in un ambiente ostile, con una scarsa ossigenazione. Dal punto di vista ecografico va tutto bene. Il feto è alla ventiquattresima settimana.” Parole di Gianpaolo Grisolia, responsabile dell’Attività di Patologia Prenatale e della Gravidanza del Poma. E responsabile della guarigione di Pamela insieme a Giuseppe De Donno, direttore del reparto Pneumologia.
Pamela è stata dimessa ieri. Il suo sollievo, la soddisfazione e l’emozione del personale che l’ha assistita sono difficili da mettere a parole.
La cura attraverso plasma convalescente continua a essere sperimentata: secondo il protocollo siglato con il San Matteo di Pavia, a Mantova sono stati già trattati ventiquattro pazienti e sono state infuse cinquanta sacche di emocomponente. Attendiamo, con fiducia. E prudenza.