Donne italiane pioniere, coloro che sono state sempre tra le prime nella storia a organizzarsi per curare i malati, anche nelle grandi epidemie.
Ricche o povere, belle o meno, tuttavia le donne italiane, antesignane e ispiratrici delle crocerossine, hanno insegnato come curare i malati.
Donne italiane pioniere
Quando si parla della “Monaca di Monza”, ci si ferma a quella suora torbida e colpevole di gravi delitti murata viva. Eppure molti ignorano che suor Agnese, che tentò di sfuggire alla carcerazione sguainando una spada di un soldato e brandendola; ebbe un seguito. Agnese uscì dalla detenzione totalmente cambiata, ebbe il perdono dal Cardinale Borromeo e andò in un convento di Milano, dove dedicò il resto della sua vita al prossimo.
La Monaca manzoniana, riuscì a scampare all’epidemia di peste di Milano, ma non solo, aiutò molte ragazze, e dimostrò coraggio, nell’affrontare la terribile pestilenza. Milano fu falcidiata, ma suor Agnese lavorò e ne uscì indenne.
Le donne italiane pioniere infermiere
Cortigiane come Fiammetta Michaelis, Giulia Campana e le figlie Tullia d’Aragona e Penelope, elargivano grosse somme per i ricoveri dei malati. La stessa Vannozza Cattanei, madre di Lucrezia Borgia, ricca donna d’affari, dopo la morte dei figli, condusse una vita di penitenza. Aderì alla Confraternita del Gonfalone, alla quale lasciò tutti i suoi beni dopo la morte.
Poco nota è anche la storia di Cristina Trivulzio, ovvero la principessa che “inventò” di fatto la Croce Rossa. Cristina di Belgioioso era anche infermiera. Durante l’assedio di Roma del 1849 rese efficienti ben dodici ospedali. Come una capo reparto, arruolò trecento fra nobildonne, borghesi e prostitute per assistere i malati. Tutti i malati e i feriti fino a quel momento erano seguiti solo da facchini e portantini. La prima donna del Risorgimento italiano; la nostra più importante patriota risorgimentale, è la vera creatrice dell’assistenza infermieristica.
Cristina di Belgioioso
Tale iniziativa risale almeno a sei anni prima di Florence Nightingale. Nel giugno 1859, all’indomani dell’acclamazione alla Scala di Vittorio Emanuele II e Napoleone III, la Belgioioso accorse a curare i feriti della carneficina di Magenta. Molti italiani ricordano ancora la regina Elena. La sovrana dedicò gran parte della sua vita a curare i malati. Non solo, girava accompagnata da un autista e se occorreva, si fermava e aiutava le donne a partorire.
Era una brava levatrice, poiché da ragazza, aveva aiutato sua madre a partorire alcuni suoi fratelli. Inoltre, il 28 dicembre 1908, a Reggio Calabria e Messina ci fu un terribile terremoto e maremoto e la regina intervenne. Elena di Savoia si dedicò subito ai soccorsi, come mostrano fotografie dell’epoca. I soccorritori, avevano deciso di non scavare più in cerca di superstiti, ma la regina arrivò e impose di cercare ancora e molte vite furono salvate.
Elena di Savoia
La regina Elena studiò medicina e ne ebbe la laurea honoris causa. Finanziò opere benefiche a favore degli encefalitici, per madri povere, per i tubercolotici, per gli ex combattenti. Inoltre la sovrana sabauda, per prima si prodigò alla cura dei malati di cancro, per cui allora non c’era speranza. L’impegno contro le malattie era un dovere che la regina Elena sentiva profondamente, infatti, promosse iniziative per la formazione e l’aggiornamento professionale dei medici. Inoltre credeva nella formazione degli operatori sanitari. La regina si occupò anche della ricerca contro la poliomielite, per la malattia di Parkinson. Nondimeno, il Sommo Pontefice Pio XI, nel 1937 le conferì la Rosa d’oro della Cristianità. Si tratta della più importante onorificenza dell’epoca, per una donna da parte della Chiesa cattolica. Il papa Pio XII nel messaggio di condoglianze inviato al figlio Umberto II per la morte di Elena, la definì infine “Signora della carità benefica”.
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