Antonio Forcellino, architetto, scrittore e restauratore, è considerato uno dei massimi esperti del Rinascimento italiano. Insieme alla sua equipe ha portato a termine, di recente, l’importante restauro dell’affresco di Raffaello Sanzio “Sibille e angeli”, conservato nella cappella Chigi della chiesa di Santa Maria della Pace, a Roma. L’opera, che Forcellino ha eseguito insieme a Oliva Muratore, Emanuela Settimi e Maria Milazzi della Soprintendenza speciale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Roma, è stata realizzata durante le celebrazioni per i 500 anni dalla scomparsa di Raffaello.
Si è trattato di uno straordinario lavoro reso possibile grazie al sostegno di Lottomatica, da sempre impegnata nella tutela del patrimonio artistico italiano: dalla Tomba di Giulio II in San Pietro in Vincoli a Roma, alle Cappelle Medicee a Firenze. Di questo eccellente risultato, il presidente e amministratore delegato di Lottomatica Holding, Fabio Cairoli, ha detto: “Il patrimonio artistico italiano ha bisogno di essere conservato e valorizzato. Siamo orgogliosi di aver contribuito al restauro di quest’opera così importante a fianco delle istituzioni, nella salvaguardia e nel sostegno all’arte e alla cultura”.
Antonio Forcellino: i dettagli dell’affresco
La sublime arte di Raffaello Sanzio (Urbino 1483 – Roma 1520), uno tra i più celebri pittori rinascimentali, scomparso a soli 37 anni, continua, nei secoli, a stupire. Quel che desta meraviglia, più di ogni altra cosa, non è soltanto la grande maestria con cui l’artista realizzò le sue opere, ma ciò che ancora esse continuano a regalarci in termini di emozioni e di vere e proprie rivelazioni. L’ultima, in ordine temporale, è emersa con il restauro di questo meraviglioso affresco, realizzato tra il 1512 e il 1514. E potrebbe addirittura trattarsi dell’ultimo dipinto dall’artista. “Sibille e angeli”, un’opera fortemente voluta dal grande banchiere e mecenate Agostino Chigi, che con il pittore di Urbino instaurò un vero e proprio patto di solidarietà.
È lo stesso Antonio Forcellino ad affermarlo, colui che, nelle varie fasi del restauro, ha scoperto, nell’affresco, particolari finora sconosciuti. Tra questi, una decorazione a grottesche e oro della lesena che lo inquadra, prima nascosta dall’intonaco. Ma ciò che ha maggiormente colpito i restauratori sono state le incisioni che Raffaello realizzò direttamente sull’opera. Un dettaglio, quest’ultimo che conferma la grande maestria dell’artista.
Antonio Forcellino, studioso dell’arte rinascimentale
Antonio Forcellino, nato a Vietri sul Mare (Salerno), nel 1955, è uno dei maggiori studiosi europei dell’arte rinascimentale. Grande maestro del restauro, le sue mani hanno “operato” su capolavori quali il Mosè di Michelangelo, l’Arco di Traiano di Benevento, le facciate del Duomo di Siena e del Duomo di Orvieto. A lui si deve anche la scoperta dell’autografia di Michelangelo della statua di Papa Giulio II.
Da sempre attento a tutta la ricchezza del fare arte, ai contesti storici, alle tecniche e ai materiali, alle radici psicologiche e biografiche dei grandi capolavori, Forcellino è stato eletto membro del Comitato per le celebrazioni dei 500 anni della morte di Leonardo da Vinci, promosso dal Ministero per i beni e le attività culturali. Ma il noto restauratore e architetto è anche autore di numerosi libri. Michelangelo Buonarroti. Storia di una passione eretica (2002); Raffaello. Una vita felice (2006); Leonardo. Genio senza pace (2016); Gli ultimi giorni del Rinascimento (2008); La Pietà perduta. Storia di un capolavoro ritrovato di Michelangelo (2010); Il secolo dei giganti: Il colosso di marmo (2019), per citarne alcuni. In questa intervista, il grande maestro svela ai lettori di Italiani.it i dettagli del capolavoro di Raffaello appena restaurato, e parla anche del suo amore per l’arte e il Rinascimento.
Dottor Forcellino, quanto tempo è occorso per il restauro dell’opera “Sibille e angeli” e quali solo, nel dettaglio, le scoperte che esso ha permesso di riportare alla luce?
I lavori sono durati tre mesi, se si escludono i due del lockdown. La scoperta più rilevante riguarda la lesena decorata a grottesche, che era stata ricoperta nel Seicento. Essa era, a tutti gli effetti, la parte “introduttiva” dell’affresco e dava monumentalità e spazialità tridimensionale al dipinto. Molto importante è stata anche la scoperta delle “incisioni dirette” intorno ad alcune figure. Raffaello le ha dipinte senza l’aiuto dei cartoni preparatori.
Qual è il significato del dipinto?
Esso rappresenta l’annunzio della venuta di Cristo sulla terra e la sua resurrezione. Secondo la tradizione cristiana, alcune Sibille avevano preconizzato l’avvento di Cristo nei loro responsi.
Quali strumenti sono stati utilizzati per eseguire il restauro?
Le decorazioni sono state liberate con l’aiuto di bisturi che separavano le tracce di pellicola pittorica originale dagli strati sovrammessi. I consolidamenti sono stati fatti con malte idrauliche. Ma il vero strumento utilizzato in questo restauro è stato il giudizio critico, che ha spinto a indagare sulla lesena. Mentre scrivevo il mio ultimo romanzo su Raffaello, “Il fermaglio di perla”, intuivo che l’artista aveva fatto, per il suo committente e amico Agostino Chigi, un lavoro molto più importante, dunque ho progettato un restauro che fosse anche conoscitivo.
Raffaello, pittore e grande innovatore
Lei è autore di numerosi libri dedicati ai grandi maestri dell’arte italiana. Qual è l’artista al quale si sente più legato?
È forse Raffaello, per la sua capacità di volgere tutto in bene. Raffaello è un uomo che intravede un mondo felice e perfetto, e ce lo consegna. Questo è un dono inestimabile. A lui sono molto legato anche perché, oggi, è il meno conosciuto dal grande pubblico. Tutti pensano che sia stato solo un bravo pittore. Pochi sanno che è stato un grande innovatore e, per certi aspetti, ha rivoluzionato la pittura e il modo di concepirla.
Il coraggio del Rinascimento
La trilogia “Il secolo dei giganti” è dedicata ai grandi del Rinascimento. Quali caratteristiche hanno in comune i personaggi che l’hanno ispirata?
Gli artisti di cui ho scritto la biografia, e intorno ai quali ho ambientato la mia trilogia “Il secolo dei Giganti”, hanno in comune una straordinaria ambizione, una voglia e capacità di oltrepassare il limite di fronte al quale gli altri uomini si fermano. Leonardo, Michelangelo e Raffaello sono stati capaci di esplorare territori sconosciuti agli altri e lo hanno fatto anche in forte competizione tra di loro. Una competizione che va considerata positivamente come uno stimolo a superare e migliorare le ricerche dei contemporanei. Ritengo che questa ambizione smisurata, questo coraggio sovrumano, sia il tratto caratteristico del nostro Rinascimento. Non solo degli artisti, ma anche dei committenti e, in generale, della classe dirigente italiana. Fattori che mancano completamente nella società italiana odierna.
Ha restaurato anche il Mosè di Michelangelo. Cosa le ha dato quell’esperienza?
Del Mosè ricordo il fascino della scoperta dei segreti legati alle parti poco visibili dal basso. Quell’esperienza mi ha dato il privilegio di entrare in un mondo precluso a tutti gli altri.
Quale altra opera le piacerebbe restaurare?
Vorrei restaurare il pulpito del Duomo di Siena, perché non mi piace come è stato restaurato e credo meriti più attenzione e intelligenza. Oggi appare molto scompensato e la complessa narrazione scultorea appare mortificata.
Cos’è per lei l’arte?
L’arte per me è il mondo meraviglioso dove ho avuto il privilegio di vivere la mia vita quotidiana. L’arte è la sublime freddezza del marmo, il colore svelato da una pulitura su un affresco e gli stimoli offerti verso quel mondo che ha prodotto tali opere. Insomma, per me l’arte è la vita quotidiana. È il più grande privilegio che possa toccare a un uomo.
(Foto: Andrea Jemolo; Roma Capitale Pagina Facebook)